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Coronavirus: Simona, prigioniera in casa da tre mesi

Simona Comero, 37 anni, da inizio marzo è segregata in casa a Melzo.

Coronavirus: Simona, prigioniera in casa da tre mesi
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In queste settimane stanno uscendo molti casi di persone bloccate in casa in attesa degli esiti dei tamponi. E' successo a Pioltello, dove una famiglia è stata "incarcerata" dalla burocrazia, a Carugate, dove addirittura gli esiti sono stati persi, e anche a Melzo. Ce lo ha raccontato la diretta interessata, Simona Comero, 37 anni, che ha scritto alla nostra redazione per raccontare la situazione di disagio che sta vivendo.

Coronavirus, prigioniera in casa da tre mesi

L'odissea di Simona inizia il 4 marzo, come lei stessa racconta:

Il 4 marzo sera mi vengono febbre e vari altri sintomi, tutti riconducibili al Covid19.  Mi metto in malattia e auto-isolamento domiciliare perché non mi viene dato nessun obbligo di quarantena. Chiamo tutti i numeri di emergenza Covid e anche la guardia medica, e nessuno mi visita o dà supporto concreto, mi viene detto solo di stare a casa. Mi curo con tachipirina e spruzzini al propoli. Per fortuna ho tre diversi medici tra i miei conoscenti, che mi danno dei suggerimenti su come valutare se posso avere qualche problema polmonare. Ma nessuno ha mai controllato i miei polmoni e l’ansia è terribile. Resto sintomatica per  50 giorni. Al trentesimo giorno di sintomi faccio presente al mio medico che è quasi sicuramente Covid e che mi deve mettere in isolamento ufficiale per poter rientrare nelle statistiche e figurare come caso sospetto, anche perché al lavoro figuro influenzata da un mese. Così dal 4 aprile sono in isolamento fiduciario ufficiale, e lunedì 11 maggio dopo varie insistenze ho finalmente ottenuto un tampone, che non mi viene fatto a domicilio, bensì devo recarmi io a Rozzano nonostante non si sappia se io sia contagiosa. Mi viene detto che l’esito lo avrò in 7-10 giorni. Per ottenere questo esame ho atteso più di 2 mesi dal primo sintomo perché per tutto marzo e aprile “non rientravo nei protocolli in quanto non avevo dispnea e non avevo avuto contatti con positivi accertati". A oggi il mio Comune dice che non risulto in nessuna lista di sospetti Covid, per cui non ho mai ricevuto né controlli o contatti da parte delle Forze dell’ordine, né supporto dalla Protezione Civile per poter usufruire dei servizi per chi è bloccato in casa (spesa a domicilio, farmaci, ecc). Una decina di persone che hanno avuto i miei stessi sintomi e presumibilmente contratto il virus con me a  un compleanno, non sono mai state identificate o testate, e sono tutte libere di spostarsi fin dal principio.

Il tampone dove è?

Ma degli esiti al momento non c'è traccia:

Vivo da sola ed è dal 4 marzo che guardo il mondo solo da balcone. Trovo assurdo non aver ottenuto mai mezza visita, mezzo controllo medico, ed essere ancora prigioniera in casa. Già, perché dopo 18 giorni dell'esito del mio tampone non c'è traccia. A  oggi, dopo diverse segnalazioni via email e telefoniche ad Ats, nessuno sa dirmi niente e  io sono bloccata al mio domicilio. Dopo 18 giorni dall'esame, tutto sembra stato inghiottito nel nulla.

Nessuna risposta

Al momento Simona è ancora in un limbo:

Non so come fare. In Ats risponde un call center esterno che non sa dirmi nulla e può solo inviare segnalazioni. Tutte cadute nel vuoto. Alle email non risponde nessuno, se non messaggi automatici. Altri due numeri reperiti risultano sempre occupati o non risponde nessuno.  Ogni volta che chiamo Ats sono in coda dietro a minimo 30-35 persone, attendo 20 minuti e poi un operatore casuale mi ripete la stessa frase "noi non siamo Ats e non sappiamo niente, possiamo inviare una segnalazione, verrà richiamata in 2-3 giorni". E poi il nulla. Nessuno riesce ad aiutarmi. Ormai inizio a cedere anche psicologicamente. Dipendo dagli altri per la spesa, fuori è primavera ed io trascorro le mie giornate sul balcone per prendere un po’ d’aria. Ho scritto anche a un avvocato per chiedere un parere, ma non voglio dover pagare per la mia libertà! Non è giusto!

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