26 ottobre 1954

Il ritorno dolceamaro di Trieste all'Italia nel ricordo di una esule giuliana

Anna Maria Crasti di Cernusco sul Naviglio racconta il passaggio della "Zona A" all'Italia e la fine della speranza di chi era scappato dalla "B".

Il ritorno dolceamaro di Trieste all'Italia nel ricordo di una esule giuliana
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Oggi martedì 26 ottobre 2021 ricorre l'anniversario del ritorno di Trieste all'Italia avvenuto nel 1954, dopo nove anni di controllo da parte delle forze militari alleate. Anna Maria Crasti, esule giuliana residente a Cernusco sul Naviglio, ricorda ancora quel giorno.

Trieste all'Italia, l'Istria alla Jugoslavia

Il ritorno di Trieste all'Italia fu fonte di gioia per la popolazione italiana, ma anche di amarezza perché rendeva chiaro ciò che sarebbe stato sancito con i Trattati di Osimo del 1975: il definitivo passaggio dell'Istria (la Zona B) alla Jugoslavia.

Anna Maria Crasti, 81 anni, è un’esule istriana. Vive a Cernusco dal 2007. In precedenza ha abitato a Milano per 35 anni. E' originaria di Orsera in Istria, un Comune italiano quando vi era nata lei, sia amministrativamente, sia per popolazione, ma oggi croato, sotto entrambi gli aspetti, chiamato Vrsar.

E' vicepresidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è consigliere del libero Comune di Pola in esilio e vicepresidente dell’associazione «Libera famiglia orsarese», oltre che delegato del ministero dell’Istruzione. Scappò da casa a 5 anni su una barca.

"Il 26 ottobre 1954 a Trieste piove, piove tanto e soffia la Bora - ricorda di quel giorno - Ma dal cuore della notte in città c’è un gran fermento.
Dormono solo i bambini piccoli. Trieste torna italiana. Avevo 13 anni. Con la mia mamma e la mia sorellina di 10 eravamo in piazza Unità che da quel giorno si chiama così.  Non si può tenere gli ombrelli aperti. E' impossibile. Ma che importa?
Siamo decine e decine di migliaia di persone Grandi piccoli vecchi. Bagnati fradici commossi felici. Non è solo la pioggia che ci bagna il volto: molti piangono di gioia, gridano, si accalcano.

"Le mamme e i papà’ sollevano tra le braccia i loro figli - prosegue - Devono vedere i bersaglieri che arrivano e sfilano sui camion. Sono i bersaglieri del 3 novembre 1918, dell’Audace. Sono i bersaglieri che, correndo, suonano. E' un delirio: tutti cantano e piangono. Tra quelle decine e decine di migliaia di persone il mio papà non c’è. È rimasto a casa. Anche se è giovane. Anche papà piange, ma di dolore. Sa che da oggi si deve smettere di sperare.
Quella debole speranza che aveva sempre avuto, come tutti noi, si è spenta. Da quel giorno il mio papà e gli altri esuli hanno smesso di sperare. Sappiamo che non torneremo mai più a casa.
Quella fiammella, sempre più debole, si è spenta.
L’ossigeno della speranza si è consumato. Ma Trieste è salva, è di nuovo, ancora italiana".

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