L'inchiesta

Morì per il monossido, la caldaia non era a norma: chiesti due rinvii a giudizio

Nel Residence Linate di Novegro, a Segrate, perse la vita il 24enne Francesco Mazzacane. Un altro giovane si salvò solo per miracolo

Morì per il monossido, la caldaia non era a norma: chiesti due rinvii a giudizio
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Il pm di Milano ha chiesto il processo per il titolare del residence di Segrate all'interno del quale perse la vita a soli 24 anni Francesco Mazzacane. A provocare il decesso fu un'intossicazione da monossido di carbonio. La Procura ha mosso la stessa richiesta anche nei confronti del manutentore della caldaia.

Le pesanti accuse per i due indagati

Gravissime sarebbero state le omissioni e le violazioni alle norme di sicurezza contestate ai due imputati, che dovranno rispondere anche delle pesanti lesioni causate al compagno della vittima, Pietro Caputo, 23 anni, che fortunatamente si salvò. L'udienza preliminare è fissata per il 26 settembre 2024.

Il dramma si consumò all'interno del Residence Linate di Novegro il 9 novembre del 2022.

Cosa è emerso dalle indagini

Nel corso delle indagini è emerso come il locale interrato dov’era stata installata la caldaia non fosse stato adeguato ai requisiti tecnici e di sicurezza e non garantiva una sufficiente aerazione. L'impianto non era stato collaudato. Non solo non era stato spento, in attesa di risolvere le anomalie e i cattivi funzionamenti del sistema, che andava continuamente in blocco, e faceva registrare ripetute microesplosioni, ma era stato pure aumentato, in termini di potenza, orario e funzioni. La sua manutenzione e l’installazione, anziché a un centro di assistenza autorizzato, era stata affidata a una persona "del tutto priva della necessaria competenza e preparazione, co-responsabile delle omissioni e violazioni, che lo ha persino fatalmente manomesso scollegandone un tubo. Con la determinante conseguenza che si è staccato il condotto di evacuazione dei fumi e il monossido di carbonio ha saturato tutto l’ambiente invadendo anche le camere. Il tutto in una struttura ricettiva che accoglie decine e decine di ospiti.

Sono pesantissime le accuse mosse dal pubblico ministero della Procura di Milano Isabella Samek Ludovici, titolare del procedimento penale per la tragica morte e il gravissimo ferimento causati da intossicazione acuta da monossido di carbonio rispettivamente di Francesco Mazzacane, di soli 24 anni, di Torre del Greco, e del compagno Pietro Caputo, di Torre Annunziata. Entrambi si erano trasferiti al Nord e a Segrate per motivi di lavoro.

Il ruolo dell'idraulico

Al termine delle indagini preliminari, il sostituto procuratore ha dunque chiesto il rinvio giudizio per i due soggetti iscritti nel registro degli indagati: Claudio Giuseppe Gasperin,  70 anni, di Segrate, in qualità di legale rappresentante della società Residenza Segrate Centro srl, proprietaria della struttura ricettiva dove si è consumata la tragedia, in via Carducci 7, nonché gestore della stessa, e Ion Grubi, 42 anni, di origine moldave e residente a Pioltello, l’idraulico a cui era stata affidata l’installazione e manutenzione della caldaia "fuori legge" che ha determinato il drammatico evento.

Fissata l'udienza preliminare: "I familiari vogliono giustizia"

Dovranno rispondere del reato di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante di aver causato lesioni personali gravi anche a un’altra persona: Caputo è sopravvissuto, ma dopo essere uscito miracolosamente da un coma post-anossico con completa perdita di coscienza, per una prognosi ben superiore ai quaranta giorni e conseguenze che si porterà dietro per tutta la vita. Riscontrando la richiesta, il Gup del Tribunale meneghino Sonia Mancini ha cfissato per il 26 settembre 2024, alle 11.10, presso il Palazzo di Giustizia di via Freguglia, l’udienza preliminare di un processo dal quale i familiari di Mazzacane e Caputo.

"Ora si spettano verità e soprattutto condanne consone alle gravi e colpevoli condotte contestate", hanno sottolineato da Studio3A-Valore Spa, che sta assistendo i parenti dei due giovani.

Cosa accertò l'autopsia

Il sostituto procuratore ha spiccato i provvedimenti dopo un’accurata inchiesta nel corso della quale sono stati disposti diversi accertamenti non ripetibili, a cominciare dall’autopsia sulla salma di Mazzacane, che ha confermato come il decesso sia stato dovuto unicamente alle esalazioni di monossido di carbonio, e per finire con (soprattutto) la scrupolosa e meticolosa consulenza tecnica affidata all’ingegnere Federico Viganò, del Politecnico di Milano, per chiarire le cause e le responsabilità del tragico evento e verificare il funzionamento dell’impianto di riscaldamento del residence: alle operazioni peritali, che hanno comportato più sopralluoghi e riunioni tra periti, hanno fornito un contributo prezioso anche il Nucleo investigativo Antincendio dei Vigili del fuoco di Milano, delegato ad hoc dal magistrato, e l’ingegnere Alberto Mariani in qualità di consulente tecnico per le parti offese messo a disposizione da Studio3A-Valore, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui si sono affidati, attraverso il consulente personale per la Campania Vincenzo Carotenuto, i congiunti di Mazzacane e Caputo, con la collaborazione dell’avvocato penalista Laura Carla Bastia, del Foro di Milano.

Ai due indagati il magistrato inquirente imputa di aver causato la morte di Mazzacane e lesioni personali gravi a Caputo, per citare la richiesta di processo, "con condotte indipendenti e causalmente rilevanti nella determinazione dell’evento, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché inosservanza delle norme tecniche".

La condotta del titolare del residence

A Gasperin in particolare il pm contesta di aver incaricato dell’installazione della caldaia a gas della struttura ricettiva, una Sime acquistata nel marzo del 2021, Ion Grubi, "persona tecnicamente priva della necessaria competenza e preparazione, che la installava in un locale interrato del residence, senza provvedere, prima di procedere alla sua accensione, ad adeguarlo ai requisiti tecnici e di sicurezza necessari, ad esempio la verifica della sufficiente aerazione del locale, l’installazione di rilevatori di fughe di gas con azione sulla valvola di intercettazione dell’alimentazione del gas, la verifica della tenuta del locale caldaia come compartimento antincendio con livello di prestazione III"; di avere "omesso di effettuare il collaudo dell’impianto e di non averne assegnato la manutenzione a un centro di assistenza autorizzato dal produttore, affidandola invece al Grubi, omettendo così di indagare adeguatamente sulle anomalie del sistema di accensione del brucatore, che aveva manifestato un funzionamento erroneo".

La caldaia continuava ad andare in blocco

La caldaia, infatti, andava continuamente in blocco, "funzionando con continui spegnimenti di fiamma e necessitando di continue riaccensioni, e con frequenti microesplosioni che provocavano il distacco di sezioni del condotto di evacuazione dei fumi". Ma nonostante ciò, prosegue Lodovici, non solo Gasperin ha "omesso di spegnere la caldaia in attesa dell’intervento di un centro di assistenza, ma a partire dal 2 novembre 2022 ne aveva anche aumentato il funzionamento, sia in termini di potenza che di prolungamento temporale, avendola settata, oltre che per la produzione di acqua calda sanitaria, anche a servizio di riscaldamento. E, l’accusa forse più pesante, non ha proceduto allo spegnimento prudenziale dell’impianto nemmeno dopo che "il 6 novembre (tre giorni prima dell’incidente, ndr) si erano verificate altre due microesplosioni".

Le verifiche non fatte e le manomissioni

Oltre alle omissioni e violazioni già citate in fase di installazione e manutenzione e mancato spegnimento dell’impianto, a Grupi, il sostituto procuratore imputa "di aver omesso di compilarne e aggiornarne il libretto", di aver assunto l’incarico di manutenzione dell’impianto "senza possedere la necessaria competenza e preparazione tecnica, così non indagando adeguatamente sulle anomalie del sistema di accensione del bruciatore", di aver omesso di verificare, "come ben avrebbe potuto attraverso l’analisi dei fumi prodotti, la regolarità del processo di combustione".

In questo modo l’idraulico non avrebbe accertato che, in occasione di un precedente intervento di manutenzione, "eseguito in data anteriore e prossima a quello di pulizia del serpentino interno effettuato il 14 maggio 2022, aveva manomesso la candeletta di accensione e scollegato (e non più ricollegato) il tubo di controllo del regolatore di miscela, fatti che originavano una miscela substechiometrica con conseguente combustione incompleta e ingente produzione di monossido di carbonio e, per l’effetto, il verificarsi di microesplosioni che, in più occasioni, provocavano il distacco di sezioni del condotto di evacuazione dei fumi che non veniva più correttamente riparato o riposizionato".

Le conclusioni del magistrato

Così, conclude il magistrato inquirente nella richiesta di rinvio a giudizio, "a causa dello scollegamento del condotto di evacuazione dei fumi, e per l’effetto della limitata aerazione del locale caldaia che favoriva l’accumulo del gas prodotto, nonché in assenza di un rilevatore di gas incombusti ambientale e della relativa valvola automatica di intercettazione dell’alimentazione gas, l’elevato quantitativo di carbonio prodotto della combustione incompleta andava a saturare l’ambiente del locale caldaia e gli strati più alti, da dove si instradava, attraverso i forami del soffitto e delle pareti, verso le camere superiori del residence, tra cui la numero 68, immediatamente soprastante, in concentrazione letale". Quella che appunto gli incolpevoli giovani hanno avuto la sventura di occupare.

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