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Confermati in Appello i tre ergastoli per l'omicidio di Cernusco sul Naviglio

Massimo della pena per i presunti coinvolti nel delitto di Donato Carbone, avvenuto il 16 ottobre 2019 in un'autorimessa.

Confermati in Appello i tre ergastoli per l'omicidio di Cernusco sul Naviglio
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I tre ergastoli in primo grado sono stati confermati in secondo. Ieri, mercoledì 23 febbraio 2022, la Corte d'Assise d'Appello presso il Tribunale di Milano ha emesso sentenza in relazione all'omicidio di Donato Carbone, avvenuto il 16 ottobre 2019.

Tre ergastoli anche in Appello

I condannati sono   Leonardo La Grassa, 73 anni di Cologno Monzese, in quanto mandante, Edoardo Sabbatino 58enne originario di Palermo, a lungo residente anch’egli a Cologno, trasferitosi poi a Manerbio, nel Bresciano, killer reo confesso,  e Giuseppe Del Bravoclasse ’79 di Roncadelle (Brescia), complice.

Sono accusati a vario titolo di aver ucciso Donato Carbone, 63 anni, imprenditore edile in pensione. I fatti erano avvenuti nel tardo pomeriggio di  mercoledì 16 ottobre 2019, attorno alle 18.30 in via Don Milani 17. La vittima era stata freddata con diversi colpi di pistola senza silenziatore, esplosi da due armi diverse, mentre si trovava a bordo della sua automobile, una Mercedes grigia. Si trovava nel corsello dell'autorimessa sotterranea condominiale e stava per scendere dal veicolo per aprire la serranda del box.

Anche in Appello non sono state concesse le attenuanti generiche nemmeno al reo confesso, che avrebbe ammesso, secondo l'accusa, solo quanto ormai non poteva più negare, ma avrebbe cercato di depistare su tutto il resto.

Resta dunque in piedi la ricostruzione avvenuta in primo grado, con un movente rimasto nebuloso che sarebbe però maturato in un contesto malavitoso. La vittima era un amico intimo di La Grassa e, da quanto è emerso nel corso dei dibattimenti, si manteneva con l'attività di usuraio. Il colognese che, ha trascorso 26 anni in carcere per reati di droga, avrebbe ingaggiato Sabbatino e Del Bravo, che volevano entrare in affari con lui nello spaccio di cocaina. Si sarebbe trattato dunque di uno "scambio di favori". Non è chiaro cosa abbia scatenato in La Grassa la decisione di eliminare quello che un tempo considerava un figlioccio, ma è evidente che i rapporti tra i due si erano sensibilmente deteriorati.

L'avvocato Antonello Madeo, difensore di La Grassa, ha già annunciato ricorso in Cassazione ritenendo inconsistenti le prove a carico del proprio assistito.

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