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Lavoratrici della Salumi Beretta di Trezzo sull'Adda in sciopero, il picchetto davanti all'Ats

Le operaie assunte tramite azienda appaltante chiedono un nuovo contratto e migliori condizioni sul posto di lavoro

Lavoratrici della Salumi Beretta di Trezzo sull'Adda in sciopero, il picchetto davanti all'Ats
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Condizioni di lavoro usuranti, nessun contratto di assunzione all'orizzonte e un clima difficile all'interno dell'azienda. Dopo lo scandalo che ad aprile 2022 ha coinvolto la Salumi Beretta, la nota marca di insaccati che ha sede a Trezzo sull'Adda, ieri, martedì 31 gennaio 2023, le lavoratrici hanno incrociato le braccia, organizzando uno sciopero di un'ora davanti al poliambulatorio di piazzale Gorizia.

Lavoratrici della Beretta in sciopero

Sono circa duecento gli operai che ogni giorno entrano negli stabilimenti di via Fratelli Bandiera; di questi, alcuni sono stati assunti direttamente dall'azienda, altri tramite contratto di somministrazione, e ben 38 tramite una società appaltante, che da maggio 2022 è la Mpm Spa.

Ciò che viene contestato è che mentre le prime due categorie avrebbero in busta paga circa 1.400 euro, l'ultima ha uno stipendio di poco superiore ai 1.000, facendo di fatto le stesse mansioni.

Secondo quanto riferito dalle lavoratrici, i compiti all'interno dell'azienda sarebbero particolarmente usuranti, con le operaie costrette a lavorare in fretta e in ambienti freddi, vicino ai 4 gradi, su linee di montaggio che possono cambiare da un giorno con l'altro, con scarso preavviso.

"Tendinite, ernie, cervicali e dolori muscolari sono all'ordine del giorno"

Queste sono state le loro parole.

"E' una situazione che non può più essere sostenibile",

tanto che ieri hanno incrociato le braccia per un'ora, organizzando un picchetto di protesta davanti alla sede trezzese dell'Ats.

Salumi Beretta a processo

La vicenda era esplosa ad aprile, quando la Guardia di Finanza di Lecco aveva sequestrato all'azienda 4 milioni di euro. Secondo il Pm Paolo Storari, la società avrebbe fatto ricorso, dal 2015, ai cosiddetti "serbatoi di manodopera", cioè si sarebbe affidata a cooperative esterne che non versavano imposte e contributi previdenziali per la gestione dei lavoratori all'interno degli stabilimenti.

Un sistema studiato a tavolino, secondo l'ipotesi degli inquirenti, per aggirare il Fisco e non pagare l'Iva e che ha indotto il magistrato a emettere il provvedimento cautelare nei confronti dell'azienda.

Nella stessa inchiesta è scattato un altro sequestro, pari a oltre 9 milioni di euro, ai danni delle cooperative che sarebbero state coinvolte nel "sistema". Secondo la Guardia di Finanza, queste fornivano alla Beretta la possibilità di impiegare personale sottopagato e a basso costo, in modo da ridurre i costi per l'azienda e massimizzare i profitti sul mercato.

A questo filone si sono aggiunte le richieste del sindacato di settore, lo Slai Cobas, che ha presentato un ricorso al Tribunale di Milano per chiedere la legittimità dell'appalto avviato l'anno scorso con la cooperativa The Workers, a maggio sostituita dall'azienda con la Mpm. La prima udienza è già stata fissata per il 16 febbraio 2023.

Non solo: proprio ieri i sindacati hanno presentato un nuovo esposto alla Guardia di Finanza di Lecco per denunciare presunte irregolarità anche sul nuovo appalto, giudicato troppo fumoso e privo di indicazioni specifiche sui compiti e le mansioni che le dipendenti dovrebbero avere in azienda.

"Lavoro per loro da vent'anni, ma non mi hanno mai assunta"

Queste le parole di alcune dipendenti assunte tramite appalto:

Non ci licenziano, ma ci mettono nelle condizioni per cui, alla fine, siamo costrette ad andarcene - hanno detto - Io lavoro per la Beretta da 18 anni, ma non sono mai stata assunta direttamente dall'azienda con un contratto a tempo indeterminato. Scelgono loro chi promuovere, sulla base delle loro personali simpatie. Per 7 ore e mezza al giorno facciamo gli stessi movimenti, in un ambiente freddo, con i responsabili che ci incitano ad andare sempre più veloci. A volte ci obbligano a restare a casa utilizzando le ferie. La cooperativa che ci assumeva cambiava nome ogni 2-3 anni ma le persone che ci guidavano in azienda erano sempre le stesse. L'unico vero cambiamento è avvenuto quando sono entrati i vertici di Mpm, ma le condizioni di lavoro all'interno degli stabilimenti sono rimaste invariate. Siamo state assunte con contratti da dipendenti delle pulizie ma in realtà facciamo tutt'altro; siamo stufe, chiediamo un contratto del settore alimentare come gli altri e poi di essere assunte direttamente dall'azienda.

Al momento non ci sono ancora repliche da parte dell'azienda in merito alle proteste di ieri.

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