La sentenza

"Immagini brutali di uccisioni: sapeva di finanziare i combattenti islamici"

Le motivazioni della condanna dell'addetto alle pulizie di Cologno Monzese fiancheggiatore dell'Isis

"Immagini brutali di uccisioni: sapeva di finanziare i combattenti islamici"
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"I contenuti dei file multimediali, con particolare riferimento a quelli con immagini (fotografiche e video), erano talmente espliciti nella loro professionale brutalità e in tutti i palesi riferimenti alle numerose azioni violente, massacri e uccisioni di persone inermi, solo perché 'miscredenti', nonché all’Isis (o Stato islamico) - attraverso i tipici vessilli neri, i loghi delle agenzie mediatiche di riferimento, i nasheed in sottofondo e le didascalie esplicative - da rendere oltremodo autoevidente il loro tenore propagandistico e la loro chiara provenienza e appartenenza ideologica all’associazione terroristica denominata Isis, espressione del cosiddetto Stato Islamico o Califfato".

L'addetto alle pulizie fiancheggiatore dello Stato islamico

Sono state rese pubbliche le motivazioni alla base della condanna a cinque anni e sei mesi di carcere (con espulsione dall’Italia una volta espiata la pena) per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere nei confronti di Mohamed Nosair, il 49enne di nazionalità egiziana, addetto alle pulizie in un palazzo di Cologno Monzese (e qui residente), finito a processo, davanti alla Corte d’assise di Monza, dopo che nell’ottobre del 2023 era stato arrestato dalla Digos di Milano assieme a un 44enne italiano di origini nordafricane, Alaa Refaei, residente nel capoluogo brianzolo, che ha optato per la strada del rito abbreviato al Tribunale di Milano ed è stato precedentemente condannato a cinque anni di carcere.

"Campagna di proselitismo"

La sentenza a carico di Nosair (al quale non sono state riconosciute le attenuanti generiche) era stata emessa a fine novembre 2024. E nelle quasi novanta pagine del dispositivo, la Corte d’assise presieduta dal giudice Carlo Ottone De Marchi ha ripercorso tutto l’iter processuale, riportando anche le agghiaccianti immagini di decapitazioni e torture, oltre ai messaggi scambiati sui social e altri documenti trovati sul cellulare del 49enne. Il tutto a riprova della "campagna di proselitismo in favore dell’organizzazione criminale denominata Stato Islamico".

L'attività investigativa della Digos

L’attività investigativa aveva avuto inizio nell’agosto del 2021 quando, sulla base di acquisizioni d’intelligence e in seguito a quanto emerso in un altro filone d’indagine, i poliziotti avevano avviato approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi iscritti a gruppi WhatsApp di matrice jihadista e riconducibili allo Stato islamico, nei quali erano state minacce anche nei confronti della premier Giorgia Meloni.

I finanziamenti

Nel caso specifico del 49enne erano stati riscontrati circa dieci bonifici per un totale di poco superiore ai 1.000 euro a favore di donne legate alla Jihad.

"Si trattava di versamenti finalizzati a 'preparare chi combatte per la causa di Dio', attraverso i quali Nosair dichiarava la propria piena adesione alla causa, affermando che 'chi prepara un combattente è come colui che combatte' - si legge nella sentenza - Emerge con chiarezza la sicura consapevolezza dell’imputato dei rischi che avrebbe corso in Italia, in caso di versamenti di somme superiori a una certa cifra, unitamente alla scaltrezza che l’ha, in effetti, condotto a limitare i versamenti di denaro a somme tra i 50 e i 200 euro (o dollari), 'perché loro (l’autorità locale) considerano ciò un finanziamento del terrorismo'".

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