"Parigi? Un'esperienza straordinaria: uscivi per strada e incontravi Bebe Vio"
C'era anche Walter Brambilla, un osteopata di Cernusco sul Naviglio alle Paralimpiadi: si occupava di preparare gli atleti della Nazionale italiana di paraciclismo
A parigi, c'era anche lui: Walter Brambilla, un'osteopata di Cernusco sul Naviglio. Era tra i membri dello staff della Nazionale italiana di paraciclismo. E a pochi giorni dalla conclusione della manifestazione, nei giorni scorsi ha raccontato alla Gazzetta della Martesana la sua esperienza:
La prima Paralimpiade non si scorda mai
Dopo un'esperienza trentennale nel giro della nazionale, tra partecipazioni a Campionati e Coppe del Mondo, finalmente l'Olimpiade. Un momento estremamente significativo che corona trent'anni di impegno al fianco di atleti "speciali".
Brambilla si è sentito privilegiato non solo in questa occasione, ma per trent'anni, di avere l'opportunità di aiutare gli atleti, vivere in mezzo a loro e contribuire alla loro gioia.
Tutto è stato preparato al meglio, il villaggio era un piccolo mondo in miniatura
Uscivo dalla stanza per andare in mensa e sull'ascensore potevi incontrare personaggi come Bebe Vio. Per le strade mi capitava di vedere campioni di qualsiasi nazione e disciplina: non potevo crederci.
Un evento cosmopolita
Oltre all'aspetto puramente sportivo, a colpire l'osteopata cernuschese è stato il carattere cosmopolita della manifestazione. Il fatto di trovarsi in un ambiente comune con persone provenienti da ogni angolo del mondo, di una professionalità indiscussa, non è cosa da tutti i giorni.
Perché le Olimpiadi e le Paralimpiadi non sono solo un evento sportivo, ma anche di ritrovo, di confronto oltre che un'esperienza di vita. Il sistema organizzativo è stato "una macchina ben funzionante", in cui ognuno ha fatto la propria parte e molto di più. A dar manforte agli atleti del villaggio ci hanno pensato i volontari e la gendarmerie, onnipresente anche in qualsiasi gara, per garantire un soggiorno sicuro.
È stata un'esperienza meravigliosa per quanto mi riguarda, ma i veri protagonisti sono loro, gli atleti.
Al di là della prestazione sportiva, l'impegno maggiore, lo sforzo che gli spettatori non vedono è la vita quotidiana in preparazione alla gara. Pochi sanno quanti soldi e sacrifici ci vogliono per mettere gli atleti in condizione di svolgere una prestazione sicura e serena.
Vivere un periodo fuori da casa diventa difficile: cambiano le persone che ti stanno intorno e i luoghi familiari. È in questi momenti che si vede la vera essenza dello sport, la passione che li anima.
Una passione e determinazione impressionanti che, secondo Walter, rendono gli atleti paralimpici veri modelli da cui prendere l'esempio. Storie tristi e tragedie che, se non cancellate, vengono almeno affievolite dall'attaccamento e dedizione allo sport.
Quattro bronzi
A testimonianza di tutto questo i risultati raggiunti. Ben quattro bronzi nelle categorie Handbike su strada e crono Handbike, vinti rispettivamente da Mirko Testa, Anna Maria Vitelaru, Luca Mazzone e Martino Pini.
La medaglia d'argento l'hanno indossata Lorenzo Bernard e Davide Plebani nel tandem, categoria ipovedenti su pista, ancora una volta il portabandiera Luca Mazzone nella crono e nella staffetta a squadre insieme a Federico Mestroni e Mirko Testa. La ciliegina sulla torta è l'oro conquistato da Fabrizio Cornegliani in una crono appassionante, per un bilancio totale di otto medaglie, una in più rispetto a Tokyo 2020.
Traguardi raggiunti anche grazie al sostegno di un pubblico sempre in visibilio, presente in gran numero a qualsiasi gara. E sotto questo aspetto la Paralimpiade non ha nulla da invidiare all' Olimpiade: alla cerimonia di chiusura svoltasi allo Stade de France di Saint-Denis ogni posto a sedere era occupato.
Traguardi importanti che fanno ben sperare. Filtra infatti ottimismo anche in vista dei Campionati mondiali di ciclismo e paraciclismo a Zurigo dal 21 al 29 settembre. Ancora Brambilla:
Siamo tutti soddisfatti, sia per le medaglie che per l'intensa partecipazione agli eventi. A nessuno importava che a gareggiare fossero delle persone con disabilità, erano lì per lo sport. Finalmente la giusta visibilità che si meritano.