L'opinone

Primo giorno di scuola, il preside Claudio Mereghetti: "Riforme? Niente di nuovo sotto il sole"

Il dirigente di Cernusco sul Naviglio: "Per cambiare la scuola non serve in realtà modificare strumenti, edifici, attività di laboratorio, regole per valutare"

Primo giorno di scuola, il preside Claudio Mereghetti: "Riforme? Niente di nuovo sotto il sole"
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Oggi, giovedì 12 settembre 2024, riprendono le lezioni nelle scuole di tutta la Lombardia (qualcuno in realtà aveva già anticipato). Claudio Mereghetti, per anni dirigente scolastico negli istituto comprensivi di Brugherio e Cernusco sul Naviglio, oggi all'Istituto Campanella, ha commentato la ripartenza stroncando però i soliti buoni propositi di riforma.

Il "no" ai dispositivi elettronici e il diario

Ecco il suo pensiero affidato a una lettera aperta:

Riaprono le scuole e, come avrebbe scritto Enzo Biagi, maestro delle autocitazioni, è tempo di riprendere la vecchia cartella, di rimettere il cappottino, eccetera eccetera.

Per l’ennesima volta l’anno scolastico riprende con la fanfara dei propositi di riforma e di cambiamenti epocali. In realtà, salvo modifiche amministrative e adempimenti dovuti all’Europa (vedi l’introduzione del 4+2 nei percorsi tecnico-professionali), niente di nuovo sotto il sole.

Il divieto di utilizzo dei dispositivi elettronici in classe fino alla scuola media, unito all’obbligo d’uso del diario scolastico; il possibile ritorno dei voti in condotta alle medie e valutazione riferita all’intero anno scolastico; e quello dei giudizi sintetici (ottimo, buono, sufficiente, insufficiente) alla scuola primaria.

Interventi privi di una strategia complessiva, palliativi che rispondono a qualche emergenza e senza nessun reale progetto educativo.

Il diario esiste da sempre e spesso, soprattutto nei comprensivi, è dato in omaggio dalle scuole stesse o venduto con prezzo calmierato dall’intervento dei comitati genitori, così per creare spirito di appartenenza.

Non è più il tempo della “Smemo” (prima edizione 1978) o del diario B.C. (che è quello che usavo io) ma, caro ministro, è imbarazzante credere davvero che l’obbligo del diario serva “promuovere una maggiore responsabilità e autonomia degli alunni, fin dai primi anni della scuola primaria e proseguendo nella scuola secondaria di primo grado, dosando al contempo il ricorso alla tecnologia. In questo modo, gli studenti potranno imparare a gestire i propri compiti in modo più efficace e autonomo, senza dipendere esclusivamente dalle tecnologie digitali” (circolare n 5274/2024).

Sugli smartphone c’è già una normativa chiara che ne vieta l’uso personale, perfino ai dipendenti in servizio, salvo specifica autorizzazione del dirigente scolastico. Se poi l’intento è quello di disincentivarne l’uso didattico, allora siamo alla regressione.

Il voto alle primarie

Considerazioni analoghe riguardano le valutazioni.

Rimangono la riforma della valutazione nella primaria e il ritorno al voto in condotta. Opinioni contrastanti su questo punto. Il mio parere è che con i numeri tutto sia più chiaro e trasparente, per gli studenti, per i genitori, per i docenti.

La scelta per la primaria sembra andare però in una direzione ibrida, quella dei giudizi sintetici (di fatto numeri travestiti da termini verbali) da usare in itinere: ma questa non è una innovazione o una riforma, è un ritorno al passato, cosa che vale anche per il voto in condotta con annessa relativa eventuale bocciatura.

Il che dimostra una volta ancora che la scuola è sostanzialmente presa in giro: anni di lavoro per partorire tassonomie coerenti e per lo meno logiche, e poi via tutto con un facile colpo di spugna.

"Ci vuole un patto educativo"

L'idea di Mereghetti è andare oltre:

In ogni caso non è di questi annunci-spot che ha bisogno la scuola italiana, ma della condivisione di un progetto educativo, di un patto tra genitori e scuole fondato su valori riconosciuti come tali, cioè come prezioso contributo alla crescita personale di ciascuno. L’autonomia riconosciuta alle scuole attribuisce ad esse le stesse competenze di un Comune, prima fra tutte la potestà regolamentare.

Collegio e Consiglio di Istituto possono dunque deliberare, nel pluralismo che caratterizza le comunità scolastiche, i fondamenti educativi su cui fondare un vero patto di corresponsabilità.

A partire dalla Costituzione che elenca i valori cardine del vivere sociale a cominciare dal lavoro (art. 1) che a scuola significa studio, rispetto delle scadenze e della puntualità, partecipazione, spirito di sacrificio; poi la libertà, e cioè il rispetto degli altri, del loro pensiero, e delle loro cose; infine il reciproco riconoscimento dei ruoli, in una corretta asimmetria tra genitori, studenti e docenti e personale.

Educare è un’attività complessa, che però si articola a partire da un’azione semplice, comune a chi cammina in montagna: orientare, che non significa indicare la strada da percorrere (che è scelta libera di ciascuno di noi) ma fornire la precisa e chiara distinzione tra est e ovest, orientare è dire all’altro dove si trova l’oriente, perché l’altro possa scegliersi la strada migliore per sé. Per farlo occorre saper sopportare un peso, come ha cantato Vasco, quello di distinguere il giusto e lo sbagliato 1 .

Questo potrebbe (dovrebbe) essere l’asse portante di un vero patto educativo tra famiglie e scuola, per costruire un ambiente capace di favorire la crescita delle persone, attraverso la reciproca educazione adulti-giovani, genitori-docenti.

È per questo che sono convinto che non sia necessaria una riforma della scuola centrata sugli strumenti, sugli edifici, sulle attività di laboratorio, sulle regole per valutare, ma occorrano invece persone formate, dotate delle competenze e conoscenze disciplinari, ma anche della indispensabile saggezza educativa, che è figlia dell’assunzione della responsabilità educativa da parte di tutti coloro che nella scuola operano, siano essi docenti, collaboratori scolastici, assistenti amministrativi.

Riformare la scuola è possibile solo a patto che si riscopra il senso etico del lavoro educativo.

Come scriveva Chesterton nel saggio "L’educazione, ovvero l’errore sul bambino":

“L’educazione è semplicemente la trasmissione della verità; e come possiamo passare ad altri la verità se noi non l’abbiamo mai avuta tra le mani…

Questa è la sola ed eterna educazione: essere così sicuri che qualcosa è vero da avere il coraggio di dirlo ai bambini. Gli uomini di oggi stanno fuggendo in ogni direzione di fronte a questo compito altamente audace; e l’unica loro scusa è (guarda un po’) che le loro moderne filosofie sono ancora così immature e ipotetiche che loro stessi non ne sono abbastanza convinti per poter convincere un bambino appena nato”.

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