Genitori e Figli

Giocando s’impara, ma giocando insieme si cresce

Giocando s’impara, ma giocando insieme si cresce
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“Mio figlio non gioca mai da solo” “il mio continua a cambiare gioco! ne prende uno, ne apre un altro, mi chiama per farmi vedere il puzzle e poi prende la palla”.

“Vuole che io sia li, non è autonomo? Cosa posso fare? “

Spesso mi sento dire queste frasi dalle mamme e dai papà che incontro.

A volte c’è qualcosa da scoprire insieme sul neuro-sviluppo di questi piccoli, ma spesso c’è “semplicemente” , che non significa facilmente, da coltivare la relazione tra genitore e figlio.

Bisogna fermarsi un attimo e capire perché mio figlio fa così. Fermarsi un attimo e dedicare 10/15 Min a questo gioco con lui/lei.

Partiamo dalla consapevolezza che il gioco ha una funzione significativa per lo sviluppo cognitivo, sociale, motorio, emotivo e per la “costruzione” della personalità. Con il gioco il bambino comprende le proprie attitudini, scopre la sua interiorità e il rapporto del proprio sé con la realtà esterna, “costruisce” il suo essere al mondo. Giocare è il suo lavoro. Giocare è una cosa seria, va stimolata, accolta, motivata e se necessario aiutata.

Per un bambino, di qualsiasi età, il fatto che un genitore giochi con lui è un'enorme risorsa in più. Migliora le relazioni familiari e l’autostima del bambino; favorisce ulteriormente gli apprendimenti, promuove abilità sociali ed emotive. Ma come farlo?

Ecco alcuni consigli.

Come partecipare?

Spesso pensiamo che giocare con i bimbi sia far giocare il proprio figlio ma non giocare realmente insieme a lui.

Gli proponiamo una bella attività ma non ci sbottoniamo per entrare nel divertimento, è un dovere di genitore ma non un piacere come persone.

Se sono dentro un gioco, pensando al lavoro e rispondendo ai messaggi, il bimbo coglierà che non sono davvero lì con lui, e sarà il primo a stufarsi.

Entriamo nel gioco come bambini, lasciandoci coinvolgere a pieno, divertendoci, entusiasmandoci, stupendoci. Quello è un tempo dedicato a loro e a noi, alla relazione, e i bimbi se ne accorgeranno.

Entriamo nel gioco come adulti, consapevoli dei pericoli, delle regole e delle possibilità che ci sono. Siamo i motivatori e gestori dell'attività.

Ultimo ma fondamentale aspetto è essere un adulto che “rispecchia” le emozioni del proprio bambino durante il gioco, che gioisce quando gioisce il bambino, si entusiasma con lui e rispetta i suoi ritmi.

Le neuroscienze hanno scoperto che i circuiti cerebrali del piacere e della gioia sono gli stessi che si attivano quando si è in interazione positiva con un’altra persona. In altre parole, il bambino prova piacere soprattutto quando può condividere il gioco con qualcuno che rifletta le sue emozioni gioiose attraverso la voce e il linguaggio del corpo.

Che gioco scegliere?

Il consiglio numero due è quello di fare scegliere loro a quale gioco vogliono giocare con i genitori. L'espressione del loro gusto e piacere è il punto di partenza.

Imporre un gioco che ci sembra divertente a volte può essere una forzatura.

Giocare è espressione creativa e spesso i bimbi sanno stupirci con le loro invenzioni.

Se invece il vostro piccolo non riesce a scegliere, provate a cogliere quale sia una attività che lo entusiasma e suggeritegliela.

La cosa più importante che rende una attività gioco è il divertimento e la motivazione.

Ovviamente il gioco dev'essere adeguato all'età.

I giochi non sono tutti uguali. Si possono suddividere in base all’età del bambino (un bambino di due anni gioca in modo molto diverso rispetto a uno di sei), al tipo di gioco (simbolico, con regole, etc.) e ogni tipologia serve al bambino per sviluppare specifiche abilità e competenze (creatività, linguaggio, memoria, abilità sociali…). Non proporrò una partita a carte a un bimbo di un anno o un sonaglio a un ragazzo di 10 anni.

Certo è che ogni gioco può poi essere trasformato e reso nuovo, adeguato e coinvolgente anche se sulla scatola c'è scritta un'altra età. Ma serve molta fantasia.

Per esempio i chiodini, che sono colorati, possono attrarre un bimbo di pochi mesi, ma non sarà in grado di creare un disegno infilandoli nella tabellina. Allora si possono prendere, infilare in una bottiglietta vuota e farli diventare una maracas colorata.

Per i meno creativi, suggerisco di prestare attenzione all'età consigliata per i giochi in scatola.

Come svolgerlo?

Partiamo dal livello base. Da quello che siamo certi che il piccolo sia capace di fare. Per esempio se facciamo finta di cucinare possiamo partire dall’utilizzo di oggetti di plastica uguali a quelli reali, piatti, forchette, pentolini e fornelli.

Poi però possiamo arricchirlo, trovando un tunnel che fa da forno o il pongo che fa da cibo.

Possiamo costruire una storia di un ristorante, di una famiglia.

L’ampliamento del gioco è uno dei momenti fondamentali per l’arricchimento delle competenze cognitive.

Spesso i bimbi ripetono più volte la stessa attività perché stanno ancora apprendendola a pieno e gli piace farla e rifarla perché devono assimilarne tutto il contenuto; viene però un momento in cui l’ampliamento da parte del genitore o del bambino stesso di un'attività è motivo di scoperta, che va incoraggiato nella sua creatività.

E come concluderlo?

Spesso il vero dramma del gioco è la conclusione.

“ se inizio a giocare con lui poi non vuole più smettere”

Il mio consiglio è : decidete all'inizio quale sarà il tempo. Spiegate ai bambini questo aspetto sin dall’inizio

Anticipate ai vostri bimbi quando mancano 10 min, poi 5 e se lo ritenete necessario mettere un timer che suoni per concludere l'attività. Un segnale chiaro che li aiuti a concretizzare la conclusione.

Anche il riordino è un tempo importante, da concordare e non lasciare al caso. Se avete giocato insieme è un pezzo che aspetta entrambi. Può diventare parte del gioco, una sfida a chi fa prima o un mettere a dormire i giochi uno alla volta.

Consideratelo nei tempi!

Buon Gioco!

Nicoletta Di Nunno
Pedagogista e psicomotricista

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