EFFETTO SQUID GAME

Cosa può insegnarci “l’effetto Squid Game” sulla promozione di competenze d’interazione dei più piccoli?

Cosa può insegnarci “l’effetto Squid Game” sulla promozione di competenze d’interazione dei più piccoli?
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Dallo scorso settembre, la piattaforma di streaming Netflix ha inserito nel suo palinsesto “Squid Game”. Questa serie tv ambientata in Corea del Sud mette in scena una sfida tra 456 persone, tutte in difficoltà economica, il cui vincitore si accaparrerà un montepremi di circa 33 milioni di euro.

La sfida si articola in una serie di giochi comunemente diffusi tra i bambini1 del luogo (tra cui una versione locale di “un due tre stella”). Che tuttavia hanno una particolarità: chi perde viene eliminato fisicamente. O perché viene coinvolto in sfide estremamente pericolose, o perché viene colpito mortalmente da sorveglianti mascherati.

Squid Game, da virtuale a reale anche negli under 14

La serie ha avuto immediatamente una diffusione globale, divenendo il contenuto della piattaforma streaming più visto nel mondo. Si è imposta come “argomento di tendenza”2 sui maggiori social network, in tv, sulla stampa. Suscitando apprezzamenti ma anche numerose polemiche3. In particolare, la preoccupazione di genitori e insegnanti è dovuta all’osservare come alcuni contenuti della serie abbiano iniziato ad essere replicati dai ragazzi nei loro giochi a casa e a scuola. Diversi insegnanti hanno riportato l’emergere di situazioni in cui gli studenti giocavano tra di loro riferendosi a contenuti e modalità della serie4 . Anche in una fascia d’età che non avrebbe avuto ufficialmente accesso alla serie, trattandosi di un contenuto vietato ai minori di 14 anni.

Le reazioni sono state varie. C’è chi si è fatto promotore di una petizione per bloccarne la visione5 . C’è chi, in base al proprio ruolo professionale e alla carica istituzionale che ricopre, ha offerto a genitori e insegnanti consigli utili per gestire l’eventuale visione da parte dei propri figli. Suggerendo ascolto, dialogo e stimolazione di pensiero critico6.

Come i bambini delle scuole medie e primaria arrivano a conoscere Squid Game?

Per la popolazione di bambini e ragazzi delle scuole medie e primaria, sorge una domanda: in che modo arrivano a conoscere e visionare Squid Game? Come citato, la serie TV consiste in un contenuto vietato ai minori di 14 anni, secondo la classificazione della nota piattaforma di streaming. Eppure, questo non ha impedito ai ragazzi di entrarci in contatto.

Se da un lato ci sono strumenti per poter gestire l’accesso dei minori a certi contenuti, come il Parental Control, questi risultano essere insufficienti se non inseriti in una strategia più ampia che chiede ai genitori un intervento attivo. Il Parental control è una funzione di tutte le piattaforme e strumenti tecnologici7, compreso Netflix, che consente di impostare dei profili di utilizzo in base all’età, scegliendo quali vietare e far “scomparire” dalle possibilità di scelta. Tuttavia, il minore, quando non accompagnato alla visione da parte dell’adulto, potrebbe accedere tramite un altro profilo. Oppure potrebbe venirne a conoscenza e visionarlo tramite amici e conoscenti di età maggiore dei 14 anni.

Quali rischi corrono i ragazzi? 

La possibilità che nei giochi tra pari vengano replicati alcuni meccanismi del gioco, come l’attribuire una punizione fisica a chi perde, è strettamente connesso a quanto i più piccoli possiedono o meno strumenti interpretativi che servono a dare significato a quello che hanno visto o sentito. 

Occorre allenare la competenza di “saper valutare” ovvero sapere attribuire un corretto valore a vissuti e comportamenti. Nel caso di Squid Game, ad esempio, per chi ne ascolta la storia o guarda la serie è fondamentale attribuire al meccanismo di eliminazione dal gioco il valore di una finzione che ha un obiettivo narrativo fine a sé stesso. E che non è quindi da riprodurre nella vita di tutti i giorni. Un’altra competenza necessaria consiste nel “saper anticipare” le conseguenze dei propri comportamenti su sé stessi e sugli altri. Se non allenati a farlo, alcuni ragazzi potrebbero mettere in atto, nei giochi, comportamenti che creano un vissuto negativo per i compagni (ad es. "se perdi ti do uno schiaffo"). Altri ragazzi, potrebbero essere disorientati su quali conseguenze comporti il partecipare a giochi in cui c'è competizione, essendone spaventati, e dunque evitandoli (ad es. "non gioco più perché chi vince potrebbe punirmi"). 

Non sono tanto i contenuti a generare emulazioni di comportamenti violenti, quanto le competenze di valutazione dei messaggi e di anticipazione dei rischi da parte dei più piccoli.

Effetto "Squid Game", in che modo e su quale piano genitori e insegnanti possono intervenire?

Diviene critico considerare le piattaforme online come spazi che possono essere resi completamente “inaccessibili” ai minori. In quanto le nuove tecnologie consentono a contenuti simili – puntate intere o spezzoni di serie tv – di raggiungere milioni di persone in pochissimo tempo. Possiamo descrivere la nostra epoca come un’era in cui tutti, compresi i più piccoli, vivono una realtà “onlife”8, in cui non si può operare una distinzione netta tra interazioni “online” e “offline”. Ma ciò che i ragazzi vivono online - tramite serie tv, social network o videogame - diventa oggetto di discorsi che compenetrano i modi di interagire tra pari, e con gli adulti - a scuola, così come a casa, e nel tempo libero. Occorre perciò lavorare su come i più piccoli, e con loro gli adulti di riferimento, danno significato a questo tipo di contenuti. Contestualizzandoli nella "vita reale", e allenandosi a valutare i confini tra realtà e finzione e ad anticipare le conseguenze dei propri comportamenti nel gioco e nelle relazioni.

Genitori e insegnanti possono porre attenzione, pertanto, non solo sull’accesso ai contenuti, ma su come i minori, nel caso in cui vengano accidentalmente a contatto, riescano a “gestirlo”. Ovvero a dare un significato che riduca i rischi, sia su un piano personale, sia nelle relazioni con gli altri. In questo modo, si orienta la fruizione di contenuti digitali verso una promozione della salute, intesa come saper “anticipare e gestire” i rischi corresponsabilmente tra tutti i ruoli, minore compreso. Ma in che modo?

In che modo un genitore può agire creare spazi di confronto con il figlio rispetto ai contenuti virtuali?

Un primo modo è quello di informarsi rispetto ai videogiochi, serie tv e video diffusi tra i giovani. In modo tale da padroneggiare i contenuti e valutare i rischi in anticipo prima ancora che il bambino ne faccia richiesta.

Un genitore preparato può spendersi le proprie conoscenze con i figli per giocare d’anticipo. Ad esempio facendosi vedere interessato rispetto alla tematica con una domanda che non sia inquisitoria e giudicante ma che apra il discorso. “Com’è composta la tua squadra del gioco? Come decidete la strategia, e cosa vi dite?". Oppure: "Che cosa sai del film? Quali scene hanno colpito te/i tuoi compagni?”. Un approccio di questo tipo consente di generare le condizioni per parlare insieme ai figli di ciò che piace loro vedere, di cosa i compagni di classe scelgono e preferiscono. Raccogliere il modo in cui i figli concepiscono e interpretano ciò che vedono è la chiave di accesso per gestire in anticipo eventuali rischi e pericoli.

Come gestire la fruizione di contenuti virtuali

Se il primo passo è quello di generare le condizioni di dialogo con il proprio figlio per raccogliere preziosi elementi su cui costruire proposte, il passaggio successivo è proprio quello di chiedersi quali azioni si possono attuare per monitorare e condividere modalità d’uso dei contenuti virtuali da parte del figlio.

Di fronte a certi contenuti, si potrebbe pensare al divieto come prima azione per arginare i rischi. Tuttavia un approccio di questo tipo potrebbe da un lato esporre il genitore al rischio che il figlio cerchi altri modi, in autonomia, per rispondere alla propria curiosità. E dall’altro diminuire la probabilità che il genitore riesca a monitorarne l’utilizzo.

Il divieto

Il porre un divieto non è sbagliato di per sé, dipende come lo si usa. In alcuni casi al genitore corre in aiuto la norma. Se come nel caso di Squid Game la visione è vietata ai minori di 14 anni e siamo di fronte a un figlio con un’età inferiore a quella prevista, il genitore può ricorrere a questo vincolo normativo come occasione di innesco di un discorso rispetto al perché certi contenuti vengono vietati. Si può chiedere ai figli “come mai hanno stabilito che i contenuti di questa serie fossero consentiti a un pubblico di età maggiore ai 14 anni?”. Questo potrebbe aprire all'opportunità di conoscere cosa pensa il ragazzo rispetto a questo divieto. E cosa ha sentito dire rispetto alla serie. Questo tipo di confronto consente al genitore di comprendere dove si inserisce la visione di quel contenuto nell’immaginario del bambino. E come mai questo contenuto è così apprezzato da lui o dai suoi coetanei. Ad esempio, si potrebbe scoprire che il bambino non sa bene di cosa si tratti ma vuole vedere una determinata serie tv in quanto in classe tutti ne parlano e lui non vuole essere da meno.

Condividere le motivazioni di un divieto

In sintesi, la condivisione delle motivazioni di un certo divieto consente al genitore di:

  • comprendere qual è il punto di vista del bambino e cosa pensa rispetto ai contenuti in oggetto
  • generare una lettura condivisa con il figlio rispetto al tema
  • individuare strategie insieme che possono andare incontro all’esigenza del ragazzo ad esempio di non rimanere tagliato fuori da certi discorsi che circolano in classe e allo stesso tempo che consentano un monitoraggio da parte dei genitori dei rischi a cui il ragazzo si espone.

Guardare insieme i contenuti e discuterne

Nel caso in cui non fosse disponibile un divieto di legge a cui il genitore può ricorrere e si è di fronte a una serie tv come Squid Game che spopola tra bambini e adolescenti (ma basti pensare anche videogiochi come Fortnite), quali strategie mettere in campo per gestire le possibili conseguenze sul piano interattivo connesse alla visione di questi contenuti?

Una possibilità, ad esempio, è quella di proporre di guardare insieme un episodio della serie tv per poi chiedere al figlio cosa ne pensa e cosa lo affascina di più. Per rilevare se al bambino è chiara la differenza tra il contesto e le dinamiche di finzione, rappresentate ad esempio nella serie tv, e le situazioni di gioco con i coetanei, il genitore può chiedere al bambino cosa accade quando si trova a giocare con i compagni. E se certi comportamenti possano attuarsi, secondo lui, anche nei contesti di vita reale.

Il genitore potrebbe portare delle considerazioni, prendendo spunto dai temi e contenuti visionati, che mettono in luce le conseguenze critiche di certi modi di interagire sul piano della vita “reale”. Ci si potrebbe spingere a discutere insieme delle conseguenze che un comportamento violento o certe modalità possono avere nelle relazioni umane e nella comunità. Creando un confronto e dei rimandi costanti tra quello che viene rappresentato ad esempio nella serie Squid Game e le interazioni della vita quotidiana.

Allenarsi ad anticipare le possibili conseguenze delle proprie azioni

Per allenare la competenza del figlio ad anticipare le possibili conseguenze delle proprie azioni, il genitore può chiedergli di raccontare una situazione di gioco con i suoi compagni. E proporre l’esercizio di immaginarsi insieme cosa accadrebbe, a un suo amico o al lui stesso, se venisse escluso dal gioco in modo violento o brusco. A seconda della risposta fornita dal bambino si possono trovare insieme altri modi, pur rimanendo all’interno delle regole del gioco, per gestire ad esempio l'eliminazione di un partecipante dallo stesso. Senza generare un vissuto negativo nel prossimo.

Ecco che se la serie tv viene usata come pretesto per passare alle esperienze di vita “reali” diventa un’occasione per il genitore di esplorare come il ragazzo concepisce certe modalità di interazione tra pari. E quindi un'opportunità di allenamento per il figlio nel riflettere sulle implicazioni delle sue stesse azioni. Dal momento che, potendosi il genitore inserire nelle maglie dei pensieri e dei discorsi dei propri figli, può offrire loro contributi e riflessioni utili a diventare via via più in grado di fare scelte responsabili.

*testo a cura dello Staff di "Famiglia inForma", portale scientifico del progetto Family Mapp

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1 In tutto il testo verrà usato il sostantivo maschile singolare e plurale per intendere il genere neutro
2 https://www.agi.it/spettacolo/televisione/news/2021-10-28/squid-game-serie-netflix-cos-e-perche-piace-cos-tanto-14354775/
3 https://www.repubblica.it/cronaca/2021/10/25/news/squid_game_il_gioco-323647965/
4 https://www.ilgiornale.it/news/cronache/era-piena-lividi-squid-game-allarme-emulazione-i-1982143.html
5 https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/10/22/fermiamo-squid-game-e-micidiale-per-bambini-e-ragazzi-sempre-piu-violenza-a-scuola-i-genitori-lanciano-una-petizione-per-bloccare-la-serie-netflix/6364192/
6 https://www.garanteinfanzia.org/news/squid-game-lautorita-garante-e-i-garanti-regionali-e-provinciali-non-lasciare-soli-i-bambini
7 https://www.nostrofiglio.it/bambino/tempo-libero/parental-control-cos-e-come-funziona-e-perche-serve
8 Luciano Floridi, The Onlife Manifesto: Being Human in a Hyperconnected Era, Springer, 2015, p. 1

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