"Dottore mi sveglierò?", ansia da anestesia: conoscere le pratiche per superare le paure
L'anestesia totale, di cosa si tratta e quali sono le scelte che vengono effettuate durante gli interventi chiurgici

Quando tocca andare «sotto i ferri», una delle principali preoccupazioni del paziente è l’anestesia. Di questo ci parla il direttore dell’Unità operativa complessa di Rianimazione di Cernusco sul Naviglio, il dottor Massimo Zambon, sfatando alcuni miti e facendo chiarezza sulle pratiche che vengono comunemente utilizzate.
Ansia da intervento chirurgico
Quando per risolvere un problema di salute è necessario ricorrere a un intervento chirurgico, è logico affidarci all’anestesista per consentire di eliminare per quanto possibile la percezione dell’intervento stesso, in particolare la componente di dolore inevitabilmente legata all’atto chirurgico. Possiamo suddividere grossolanamente l’anestesia in generale e loco-regionale: la scelta dipenderà dal tipo di intervento e dai problemi del paziente da operare. Quando entrambe sono possibili, si valutano sempre i pro e i contro di entrambe le opzioni con il paziente e si decide qual è l’opzione migliore nel suo interesse. Qualsiasi anestesista è ovviamente in grado di gestire al meglio entrambe le tecniche.
L’anestesia generale, di cosa si tratta
La generale (chiamata talvolta "totale" dai pazienti) è la classica e più nota forma di anestesia. I timori per la necessità di sottoporsi ad un’anestesia talvolta superano la paura dell’intervento stesso ("Dottore, ma mi sveglierò, vero?"). In realtà Le complicanze legate all’anestesia sono divenute fortunatamente rarissime.
L’anestesia generale ha tre componenti fondamentali: l’ipnosi, l’analgesia e la miorisoluzione.
L’ipnosi
L’ipnosi è l’abolizione dello stato di coscienza indotta da farmaci cosiddetti ipnotici, come ad esempio il Propofol. L’ipnosi ha vari gradi di profondità, che vanno da quello di un sonno "normale", da cui è facile svegliarsi, a quello più profondo a cui si associano depressione dell’attività respiratoria e cardiovascolare. Un livello troppo profondo di ipnosi può causare problemi emodinamici (ipotensione, bradicardia) durante l’intervento; inoltre a un’ipnosi troppo profonda è associata una maggior incidenza di delirio post-operatorio, complicanza ancora abbastanza frequente soprattutto nel paziente anziano. D’altra parte, un "sonno" troppo superficiale si accompagna al rischio di risveglio prima che l’intervento sia terminato, evento raro, ma che può avere sequele psicologiche a lungo termine anche molto serie.
In passato non vi era modo per dedurre quanto profonda fosse l’ipnosi se non in modo molto approssimativo con la valutazione dei parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ecc). Oggi tutti i nostri pazienti vengono monitorati con il Bis (Bispectral Index), un sistema di analisi derivato dall’elettroencefalogramma che, attraverso dei semplici elettrodi adesivi sulla fronte e un apparecchio che rielabora i segnali provenienti dall’attività cerebrale, permette di monitorare la profondità dell’anestesia durante gli interventi chirurgici e di prevenire così il rischio di sovra o sotto dosaggio di farmaci anestetici.
L’analgesia
L’analgesia è invece l’abolizione del dolore; infatti anche durante l’ipnosi i riflessi legati al dolore non scompaiono e il paziente incosciente può manifestare ipertensione, tachicardia e altri sintomi legati alla percezione del dolore. Inoltre è provato che se non blocchiamo efficacemente il dolore già durante l’intervento, il paziente lo proverà maggiormente dopo il risveglio. Per questo si somministrano farmaci analgesici, generalmente oppiodi come fentanil, remifentanil o morfina. Oggi abbiamo la possibilità, tramite aghi e guida ecografica, di andare a ridurre la trasmissione del dolore in modo selettivo nelle zone che sono interessate dall’intervento, associando di fatto delle tecniche loco-regionali all’anestesia generale. Questo ci permette un miglior controllo del dolore e soprattutto un minor consumo di farmaci oppioidi, riducendo quindi gli effetti collaterali di questi ultimi e garantendo un buon controllo del dolore anche dopo l’intervento.
La miorisoluzione
La miorisoluzione è il rilassamento (o meglio la paralisi) muscolare, necessaria affinché il paziente non si muova durante l’intervento. Per questo vengono somministrati farmaci bloccanti neuro-muscolari (i cosiddetti "curari") che paralizzano i muscoli del paziente mentre dorme. Una insufficiente somministrazione di questi farmaci potrebbe causare dei movimenti del paziente mentre il chirurgo opera. D’altra parte una somministrazione eccessiva comporta il rischio che il loro effetto non sia completamente scomparso al risveglio, magari riducendo la capacità dei muscoli che servono per respirare o per tossire efficacemente una volta terminata l’operazione.
Questo pericolo oggi può essere evitato grazie all’utilizzo del monitoraggio Tof (Train of four), che tramite un elettrostimolatore a livello del pollice della mano del paziente, ci permette di sapere in ogni momento qual è il grado di "rilassamento" muscolare e di evitare di svegliare il paziente prima che i curari siano completamente scomparsi.
Le moderne tecniche di anestesia hanno contribuito a ridurre considerevolmente i possibili rischi rispetto a qualche decennio fa, e l’introduzione di moderne tecnologie ci consente oggi nel nostro ospedale di garantire un’anestesia con i migliori standard di sicurezza.