Zone rosse, l’ordinanza ancora non c’è ma la Lombardia si oppone
L'assessore Gallera lamenta che i dati su cui si baserà l'ordinanza non tengono conto delle ultime restrizioni adottate dalla Regione e dei loro effetti.
L’ordinanza del Ministro della Salute Roberto Speranza, che deciderà quali Regioni saranno inserite nelle “zone rosse” con le misure più restrittive contro il coronavirus non arriva. E dietro a questo ritardo potrebbe esserci la resistenza delle Regioni che temono di finire in un lockdown del tutto simile a quello di marzo. In testa a queste, la Lombardia e la Campania.
Ordinanza e zone rosse, la Lombardia si oppone
Manca l’ufficialità ma sembra ormai scontato che all’interno della “zona rossa”, quelle con le Regioni in situazione più critica di fronte all’epidemia, ci sarà la Lombardia. In sostanza, per i lombardi da domani, giovedì 5 novembre, si torna nella condizione di clausura pressochè totale vissuta a marzo: stop agli spostamenti (esclusi quelli effettuati per ragioni di lavoro, salute o prima necessità) e negozi chiusi; uniche differenze sembrano essere la didattica a distanza, prevista solo a partire dagli alunni iscritti alla seconda media, e l’apertura di parrucchieri e centri estetici. Tutto questo per almeno 15 giorni, poi si valuteranno i dati e si stabilirà se confermare le limitazioni o mitigarle.
Fontana ha poi duramente attaccato il Governo per i ritardi.
Una differenziazione che non piace
La decisione del Governo ha però suscitato, invano, l’opposizione di diversi presidenti di Regione, tra cui Attilio Fontana, che fin da subito si è opposto alla differenziazione delle misure a livello regionale chiedendo invece chiusure omogenee su tutto il territorio nazionale.
Gallera: “Decisione su dati vecchi”
Ma c’è anche un altro problema che sta sollevando le proteste, soprattutto dalla Lombardia. Come detto dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte lunedì alla Camera e al Senato, il nuovo Dpcm entrerà in vigore domani, giovedì 5, prima che si possano valutare gli effetti delle misure restrittive adottate nelle ultime due settimane dal Governo e dalle Regioni. Queste infatti dovrebbero iniziare a produrre i loro effetti dal 14esimo giorno dall’entrata in vigore.
Secondo l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera quindi ogni tipo di valutazione dovrebbe essere basata sui dati di domani, giovedì 5 novembre 2020, data in cui si spera di vedere qualche effetto positivo delle restrizioni applicate sul territorio lombardo il 22 ottobre scorso. Una variabile che potrebbe incidere sulla collocazione della Lombardia in un’eventuale fascia di rischio elevato. In caso contrario, il rischio sarebbe quello di colpire delle Regioni (la Lombardia ma non solo) per 15 giorni con misure più restrittive di quelle necessarie.
"Solo una parte"
In queste ore concitate poi sono molti gli esponenti del mondo politico lombardo a chiedere al governatore Attilio Fontana uno “spezzettamento” della Lombardia con misure meno stringenti nelle province e nei territori meno colpiti. E’ ormai comprovato come il contagio nelle ultime settimane corra in particolar mondo nelle province di Milano, Monza Brianza e Varese risparmiando altre aree dove il contagio risulta ancora sotto controllo. Tra queste anche la provincia di Bergamo che tra febbraio e maggio ha pagato un carissimo prezzo.
A chiedere una presa di posizione (e di responsabilità) al governatore Fontana anche Dario Violi e Marco Degli Angeli del M5S e Paolo Franco per Cambiamo!.
M5S: “E’ il giorno delle responsabilità in Lombardia”
“Il nuovo dpcm permette a Fontana, e a tutti i governatori regionali, in accordo con il Ministro Speranza, di allentare le misure restrittive in alcune zone della regione, comprese le limitazioni agli spostamenti tra comune e orari aperture di esercizi commerciali – commentano Dario Violi e Marco Degli Angeli (M5S Lombardia) – Anche con la Lombardia in zona rossa Fontana oggi può decidere e chiedere al Ministro della Salute di emanare un’ordinanza sulle zone della regione, a basso contagio, dopo un confronto con i sindaci dei territori. Il governatore lombardo potrà dunque prendere misure differenziate a seconda della gravità della situazione in relazione a numero di contagi, Rt e pressione sugli ospedali. Con questo Dpcm viene messa al centro l’autonomia locale e non sarà più possibile giocare allo scaricabarile con il Governo. È il giorno delle responsabilità in Lombardia”.
“Il nuovo Dpcm consente ai governatori di agire in modo puntuale e con l’ascolto dei sindaci dei territori, decretare, dove possibile, il diverso livello di attenzione emergenziale – conclude Violi e Degli Angeli – Fontana pretendeva misure uniformi su tutto il territorio nazionale con chiusure che valessero per tutti, il governo, invece, ha agito con razionalità per preservare la salute ed il tessuto economico. A fronte di tutto questo il Governo ha già previsto oltre 5 miliardi di ristori per le categorie produttive più colpite e si lavora già a nuovi sostegni. Ora Fontana non ha più alibi, ha tutti gli strumenti per agire”.
Franco: “Chiudere l’intera Lombardia non può essere soluzione”
“Sono ore concitate – scrive invece il consigliere regionale di Cambiamo Paolo Franco – A seguito del DPCM, ci sono da definire misure per le singole zone del paese. Chiudere l’intera Lombardia, non può più essere la soluzione. Presidente Fontana, non bisogna mollare un millimetro nel dialogo col Governo. Avanti tutta”.
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