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Salva sette anatroccoli da un tombino VIDEO

I piccoli, liberati, hanno poi raggiunto mamma anatra.

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Un episodio veramente curioso, dai tratti commoventi, quello che si è verificato ieri a Fara Gera d’Adda: Giuseppe Sabino e i suoi vicini hanno liberato dei piccoli anatroccoli caduti in un tombino, riconsegnandoli a mamma anatra.

L’arrivo di “mamma anatra”

Una Pasqua che la famiglia di Sabino e i vicini di via don Milano non scordearanno facilemente quella appena trascorsa. Ieri mattina al 41enne papà di due ragazzi citofona la condomina del palazzo adiacente a quello in cui abita e chiede di controllare se all’interno della grondaia del suo parapetto riesca a vedere dei piccoli anatroccoli. Circa due mesi fa, infatti, un’anatra aveva costruito il proprio nido sul tetto della palazzina, dalla parte opposta del terrazzo di Sabino, e proprio a Pasqua aveva deciso di far loro conoscere il resto del mondo.

La scomparsa di sette anatroccoli

“Dopo la richiesta della vicina sono salito al piano superiore e, uscito sul terrazzo, mi sono affacciato, cercando di sporgermi il più possibile, ma degli anatroccoli nemmeno l’ombra” ha spiegato il farese. “Mamma anatra”, seguita dai suoi piccoli anatroccoli, aveva infatti percorso tutta la grondaia fino all’angolo del suo terrazzo. Arrivata a questo punto si era lanciata giù con ben nove anatroccoli, ma solo due di loro l’avevano seguita. Degli altri sette nessuna traccia.

Le ricerche

La preoccupazione dei vicini era che i piccoli fossero finiti nel canale di scolo dell’acqua piovana, che arriva direttamente sotto terra. Le ricerche erano state vane e così tutti  mestamente erano rientrati nelle proprie abitazioni sperando che i piccoli fossero riusciti a ricongiungersi con la madre. Ma Sabino non aveva smesso di pensare a loro.

“Sono andato in cucina a controllare a che punto erano le costine che stavo cucinando – ha continuato Sabino – Qualcosa però non va. La mia mente è un martello pneumatico e la parola anatroccoli continua a rimbalzare da una parte all’altra della mia testa ed ogni volta che la colpisce il frastuono è assordante. Decido di darle retta e prendo le chiavi, per scendere nei box. Identifico il tubo di scolo e appoggio l’orecchio. Sento qualcosa, ma non riesco a capire. Era il cinguettio degli uccellini che sereni cantavano dagli alberi oppure erano i piccoli anatroccoli?”

Prigionieri di un tombino?

Non riuscendo a capire, Sabino si guarda intorno e nota un tombino di ispezione. “Decido quindi di sollevarlo – ha proseguito nel suo racconto – mi chino per terra e appoggio l’orecchio. Mi si stringe il cuore. Sento in lontananza un flebile pigolio. E ora? Che faccio? Provo ad infilare il braccio ma non arrivo lontano. Mi rialzo e con lo sguardo cerco di tracciare una linea immaginaria che possa portarmi ad un altro tombino. Lo identifico, è un tombino chiuso, senza grate. Provo a sollevarlo ma è incastrato. Mi chino appoggio l’orecchio, ma non sento alcun pigolio. Riprovo a sollevarlo, ma nulla. Dentro di me, allora, inizio a convincermi che i pigolii che sento non sono altro che quei benedetti cinguettii degli uccellini sugli alberi e che sotto terra non c’è nessun anatroccolo”.

La liberazione

Alla fine, però, Sabino decide di fare un ultimo tentativo. Afferra due cacciaviti e li infila ai bordi del tombino e, facendo leva, prima a destra poi a sinistra, qualcosa si muove. “Finalmente lo sollevo – ha spiegato – Non ho bisogno di appoggiare l’orecchio a terra. Il pigolio dei piccolini e forte e chiaro. Anche se si trovano lì dentro, non riuscivo a  vederli perché il pozzo era profondo e buio. Ma li sentivo. E così ho preso il cellulare e, accesa la torcia, li ho visti tutti e sette”. Con un sorriso enorme stampato sul volto, Sabino chiama i vicini perché da solo non riesce a liberarli. Tutti insieme recuperano i cuccioli e li mettono in una specie di sacca realizzata con un telo di plastica e qualche pezzo di legno. A quel punto portano i pulcini nel giardino. Al loro pigolia, la madre li riconosce immediatamente e li raggiunge per portarli via con sé.

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