Disastro ferroviario

Processo per il deragliamento del Frecciarossa, in Tribunale i consulenti del pm

Nell'incidente avvenuto nel Lodigiano il 6 febbraio 2020 morirono i macchinisti Giuseppe Cicciù, di Cologno Monzese, e Mario Dicuonzo, di Pioltello

Processo per il deragliamento del Frecciarossa, in Tribunale i consulenti del pm
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A seguito del deragliamento ferroviario del Frecciarossa Milano-Salerno, avvenuto nel Lodigiano il 6 febbraio 2020, persero la vita i macchinisti Giuseppe Cicciù, 51 anni di Cologno Monzese, e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello.

Il processo per il deragliamento del Frecciarossa

Ieri, martedì 22 ottobre 2023, al Tribunale di Lodi, si è tenuta una nuova udienza del processo. A essere sentiti, in qualità di consulenti della pubblica accusa, sono stati due esperti: Fabrizio D’Errico, professore del Politecnico, e l’ingegnere Roberto Lucani. A loro il compito di esporre la loro relazione tecnica sull’incidente.

Gli imputati

A processo ci sono un dirigente di Rfi e due ingegneri, un operaio e un tecnico di Alstom Ferroviaria: devono rispondere di disastro ferroviario colposo e duplice omicidio colposo, per la presunta violazione delle norme sulla sicurezza della circolazione ferroviaria.

In aula parlano i consulenti del pm

Gli esperti intervenuti ieri in Tribunale si sono concentrati sul deviatoio che ha provocato l’incidente e sulle procedure dell’azienda Alstom dedicate ai controlli. Il Frecciarossa uscì dai binari all'altezza di Livraga, quando viaggiata a quasi 300 chilometri orari: 32 persone a bordo rimasero ferite.

Fabbricato da un'officina di Alstom Ferroviaria nel 2019, il deviatoio era stato installato poche ore prima del deragliamento e l’anomalia (due fili invertiti all’interno a causa di un operaio che scambiò un filo con l'altro), non era stata notata né dai controlli Alstom né dagli installatori di Rfi. Così il treno deragliò.

L'attuatore che ha provocato l'incidente

L’attuatore installato dai manutentori sullo scambio non rispettava i requisiti, hanno evidenziato i due esperti. Alstom non sarebbe stata preparata a notare il difetto nel deviatoio, anche perché "il regolamento interno di analisi dei rischi non prevedeva questo tipo di vizio, non era conosciuto né previsto, per essere esatti era ritenuto un evento non credibile. Nelle procedure non era neanche indicato un numero preciso di operatori che in loco dovessero controllare", ha evidenziato D'Errico.

La pm ha chiesto come mai il controllo degli operai di Rfi sul posto non potesse bastare a notare guasti. "Se per evitare l’errore umano metto un altro controllo umano c’è ancora una possibilità di errore, non si elimina la possibilità dell’errore", ha proseguito il docente del Politecnico.

Le prime due condanne e un'assoluzione

Il processo punta a capire chi dovesse mettere in atto tutte le procedure per non arrivare all’incidente. Si tornerà in aula il 29 ottobre. L'anno scorso, invece, erano arrivate due condanne e un'assoluzione. 

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