Curva Nord

Omicidio di Cernusco, il capo ultrà Andrea Beretta resta in carcere: "Rischio faida"

Le parole del gip: "Potrebbe commettere altri delitti". La famiglia di Antonio Bellocco: "Non era un 'ndranghetista, aveva pagato il suo debito con la giustizia"

Omicidio di Cernusco, il capo ultrà Andrea Beretta resta in carcere: "Rischio faida"
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ll gip di Milano Lorenza Pasquinelli ha convalidato il fermo e disposto il carcere per Andrea Beretta, il capo ultrà dell'Inter che mercoledì 4 settembre 2024 ha ucciso a Cernusco sul Naviglio Antonio Bellocco anche lui esponente della Curva Nord ed "erede" della 'ndrina di Rosarno.

Il capo ultrà Andrea Beretta resta in carcere

Le accuse sono omicidio aggravato, perché Beretta era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, e detenzione illegale di arma da fuoco. Per il giudice il carcere è la sola misura idonea dati i gravi indizi di colpevolezza e la gravità del fatto e per consentire alle indagini di chiarire il contesto della vicenda e il movente ancora tutti da accertare. Beretta, difeso dall'avvocato Mirko Perlino, ha da subito sostenuto che su di lui pendesse una "condanna a morte". Da qui la decisione di andare in giro armato, con una pistola con matricola abrasa.

Arresto convalidato: le parole del gip

C'è un "serio e concreto pericolo" che Beretta, qualora fosse libero, "possa influenzare eventuali testimoni o trovare nuove occasioni per commettere altri delitti di matrice violenta per proseguire la faida che ha dato origine alla presente vicenda", ha detto il gip, in uno stralcio del dispositivo riportato dall'Ansa.

Per il giudice il quadro indiziario è "solido" e i fatti sono di "gravità estrema".

I familiari di Bellocco: "Antonio aveva pagato il suo debito con la giustizia"

Intanto a rompere il silenzio è stata la famiglia della vittima. I parenti di Antonio Bellocco hanno espresso, tramite il proprio legale Giacomo Iaria del Foro di Reggio Calabria, "la propria amarezza, unita al forte dolore, circa il costante riferimento da parte dei media al vincolo di parentela della vittima con soggetti in passato condannati per associazione mafiosa".

E ancora:

"Antonio era un giovane calabrese, padre di due figli che, dopo aver pagato il proprio debito con la giustizia aveva deciso di dare una svolta concreta alla propria vita trasferendosi a Milano dove, in regime di libertà vigilata, conduceva una vita nel pieno rispetto delle regole civili. Ciò che è accaduto, non può, allo stato, essere in alcun modo ricondotto a contesti di criminalità organizzata e citare, come più volte accaduto, i genitori, entrambi detenuti al 41 bis (uno dei quali morto in carcere), non evidenzia appieno il lato tragico della vicenda spostando l'attenzione mediatica sui trascorsi giudiziari della vittima e non sulla progressione della condotta criminale appartenente ad un soggetto già gravato di provvedimenti disciplinari penali a causa del proprio comportamento al di fuori dei contesti di legalità".

La madre della vittima, Aurora Spanò, e i fratelli "si affidano all'iter giudiziario che seguirà a tale grave fatto delittuoso, confidando nell'operato della magistratura e attivandosi attraverso tutti gli strumenti legali consentiti per tutelare la figura di un giovane al quale, per ragioni oggi sconosciute o non definitivamente accertate, è stato sottratto per sempre il suo ruolo di padre e marito del suo nuovo nucleo familiare".

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