Cronaca

Omicidio di Albignano, l'assassino non parla a causa di un blackout al Tribunale

L'inizio del processo è stato condizionato da diversi problemi tecnici. Antonio Vena deporrà il 22 giugno.

Omicidio di Albignano, l'assassino non parla a causa di un blackout al Tribunale
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Omicidio di Albignano: si è tenuta ieri, lunedì 14 giugno 2021, la prima vera udienza del processo a carico di Antonio Vena, che nella notte tra il 18 e il 19 aprile dello scorso anno sparò e uccise la compagna Alessandra Cità, tranviera Atm. Il processo era già iniziato lo scorso aprile con un'udienza tecnica, ora è pronto a entrare nel vivo, anche se l'appuntamento di ieri è stato parecchio complesso.

Prima l'interruzione, poi il rinvio del processo per l'omicidio di Albignano

Avrebbe dovuto parlare della notte dell'omicidio il diretto interessato, Antonio Vena, ma l'interrogatorio del Pubblico ministero è durato soltanto pochi minuti. Il motivo? Due inconvenienti tecnici. Prima infatti l'udienza è stata interrotta e posticipata alle 14.30 perché a seguire si doveva tenere un altro processo con un testimone arrivato dalla Puglia e che aveva necessità di deporre per poi poter prendere un aereo per tornare a casa. Le cose sono andare per le lunghe e l'udienza per l'omicidio di Alessandra Cità è ripresa soltanto alle 15.15. Cinque minuti dopo però il Tribunale di Milano è rimasto al buio a causa di un blackout. I lavori sono quindi stati di nuovo interrotti, ma la luce non è più tornata. Vena tra mattina e pomeriggio è riuscito a parlare soltanto una manciata di minuti. La decisione, condivisa dalle parti, è stata a quel punto il rinvio definitivo. La prossima udienza si terrà il 22 giugno alle 15. Il 6 luglio sarà invece la volta di dibattimenti e camera di consiglio, per arrivare alla sentenza di primo grado.

"Lui dipendeva da lei: ha avuto un cortocircuito emotivo"

Nonostante i problemi tecnici, l'udienza ha avuto comunque spunti importanti. Ad aprire la giornata sono stati il tenente Silvano Barbini dei Carabinieri di Cassano d'Adda e il maggiore Fabiano Gentile del Ris di Parma. Il primo ha ricostruito le azioni messe in campo dagli uomini dell'Arma la notte dell'omicidio e raccontato la scena del crimine. Il secondo invece ha spiegato alla corte i risultati delle analisi condotte in casa e soprattutto sulle armi. Ha poi preso parola la consulente della difesa Erica Francesca Poli, medico psichiatra forense.

Analizzando diversi elementi e dopo aver avuto un lungo colloquio con Vena, emerge come la relazione con Cità fosse simbiotica e dipendente - ha sottolineato - Era stata la sua prima fidanzatina da bambini e sognava, dopo averla ritrovata anni dopo, di sposarla nella chiesa del paese. La fine della loro relazione era la frantumazione di un equilibrio di dipendenza affettiva. Vena ha avuto un cortocircuito emotivo.

 

 

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