il caso

L’emergenza Covid non ferma la prostituzione: donne ancora più sfruttate

Il drammatico quadro emerge dal rapporto Avenida della Caritas Ambrosiana.

L’emergenza Covid non ferma la prostituzione: donne ancora più sfruttate
Pubblicato:
Aggiornato:

L’emergenza Covid non ha influito sul mercato della prostituzione. Anzi, le donne sono ancora più sfruttate,  vulnerabili e ricattabili e subiscono violenze e abusi maggiori rispetto al passato. E' il quadro drammatico che   emerge dal rapporto Avenida della Caritas Ambrosiana

Il Covid non ferma lo sfruttamento delle donne

A tracciare una fotografia tutt'altro che positiva è la Caritas milanese, che ha analizzato la situazione nell'ultimo anno, contraddistinto dall'emergenza sanitaria.

“Allo stato di schiavitù in cui sono tenute, che comprime se non annulla la loro libertà di avere relazioni al di fuori dell’ambiente che le tiene sotto scacco, si è aggiunto anche un livello di miseria materiale che non ha precedenti. Al punto che la gran parte di loro (il 70%) è dovuta ricorrere a forme di aiuto, come quello alimentare, di cui non aveva avuto bisogno prima”.

“Vittime invisibili”

Il Covid ha “accelerato un processo che era in corso da tempo: la prostituzione si è ancora di più spostata dalla strada all’indoor e all’online, fenomeno che di per sé rende le vittime ancora più invisibili, difficilmente avvicinabili se non dai clienti e sfruttatori, e quindi più sole. Ma è successa anche un’altra cosa. Una parte di loro, quella più povera e meno attrezzata, sfruttata da sedicenti fidanzati, che operano in proprio o affiliati a micro gruppi criminali poco organizzati, non è riuscita ad adattarsi al cambiamento e oggi vive in condizioni di emarginazione ancora maggior che nel passato”, spiega suor Claudia Biondi, responsabile dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana.

Il direttore di Caritas Ambrosiana

Secondo il rapporto e i numeri riportati da Agi, sono diminuite le prostitute originarie della Nigeria (17%) a causa dello stop degli sbarchi. Molte sono romene (53%) e albanesi (21%).

“Da un lato serve un sussulto di coscienza da parte dei ‘clienti’: non è possibile ridurre quelle donne a dei corpi senza anima, sentimenti, paure, bisogna imparare a guardare il dramma che c’è dietro le loro storie – commenta Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, nel presentare un report sul problema della prostituzione e della tratta a Milano –. Dall’altro, se si vuole davvero sottrarre le vittime di tratta a chi le sfrutta, non è sufficiente offrire loro accoglienza, ma reali opportunità di inserimento nel mercato del lavoro. La crisi sociale che si è aperta con la pandemia non può essere un alibi per dimenticarsi degli ultimi, ma al contrario deve essere un’occasione per ripartire da loro”.

Seguici sui nostri canali