Questione di civiltà

Insulti sessisti in cantiere, l'autore viene condannato al carcere

L'episodio si è verificato nel cantiere Aler in costruzione in via Roma a Pioltello.

Insulti sessisti in cantiere, l'autore viene condannato al carcere
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Un mese e dieci giorni di carcere. Questa la decisione del giudice della settima sezione del Tribunale di Milano nei confronti di un uomo resosi protagonista di insulti sessisti e comportamenti ingiuriosi nei confronti del funzionario donna di Aler incaricato di seguire il cantiere di via Roma a Pioltello.

Condannato per insulti sessisti

Sul banco degli imputati il responsabile dell'azienda appaltante i lavori al cantiere Aler. I fatti risalgono all'aprile 2018 quando i lavori di realizzazione della palazzina si erano arenati. Il funzionario era stato inviato in cantiere proprio per verificare come mai le cose andassero per le lunghe e aveva organizzato un incontro con alcune figure tecniche tra cui proprio il responsabile.

Il quale aveva chiesto una sospensione dei lavori per una perizia di variante in corso d'opera. Secondo il funzionario, però, non ci sarebbero stati gli estremi per concedere tale dilazione. Di fronte al netto diniego, l'uomo ha perso la testa e se n'è uscito dall'ufficio in preda all'ira. "Ma chi cazzo sei, fammi un p..." avrebbe urlato rivolto verso la donna di fronte a testimoni.

Non esiste gergo di cantiere

Il funzionario ha deciso così di procedere per vie legali affidandosi allo studio Casella - Brambilla Pisoni che l'ha assistita nel processo sino alla sentenza.

"All’interno dei cantieri è raro trovare figure apicali di sesso femminile, ma per un architetto il lavoro non si riduce solo all’attività d’ufficio. Se un responsabile donna tiene il punto o non tollera taluni comportamenti viene bollata come isterica o rompiballe, come una persona che vuole solo creare problemi. Se fosse stata un uomo con ogni probabilità l’imputato non si sarebbe rivolto utilizzando un linguaggio simile"

hanno spiegato i legali. Posizione che è stata parzialmente riconosciuta anche dal magistrato che ha emesso la sentenza condannando il funzionario anche al risarcimento del danno di immagine provocato alla donna.

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