Gli immigrati venivano agganciati davanti al Tribunale o alla Questura. E lui, il “mediatore”, permetteva loro di far andare avanti le pratiche per l’ottenimento del permesso di soggiorno fornendo delle residenze false, tutte concentrate all’interno di un piccolo appartamento nel centro di Cologno Monzese, all’insaputa del proprietario dell’immobile e dell’effettivo inquilino titolare del contratto di locazione.
Finte residenze: processo al via
Undici le persone che erano state indagate a seguito di un’indagine condotta nel 2019 dalla Polizia Locale. Nell’elenco compaiono nell’ordine il “benefattore”, un 59enne italiano dipendente di uno studio legale, e dieci cittadini extracomunitari, che altro non sono che i “clienti” arrivati da diversi Paesi africani (Camerun, Costa d’Avorio, Nigeria, Mali e Guinea) e che hanno potuto beneficiare dell’aiuto concesso dal 59enne. Il tutto per concludere al meglio le pratiche e per poter rimanere in maniera legale in Italia. Peccato che il castello sia crollato.
Per due degli imputati è già in corso il processo. Per gli altri nove, invece, denunciati a piede libero e che negli scorsi anni risultavano irreperibili, si sta invece avvicinando la data della prima udienza, fissata per il 20 ottobre 2025.
L’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Stefano Zanelli, con una delibera di Giunta recentemente approvata, ha deciso di costituirsi come parte civile, dopo aver ricevuto dalla Procura di Monza brianzola la notifica del decreto di citazione. Di fatto Villa Casati è soggetto leso nella vicenda. Da qui la nomina di un avvocato che curerà gli interessi dell’ente durante il dibattimento.
Le indagini condotte dalla Polizia Locale
Sul finire del 2019, a distanza ravvicinata di tempo, erano arrivate all’attenzione dell’Anagrafe diverse richieste di residenza alle quali erano stati allegati i contratti di affitto e le fotocopie del documento di identità del proprietario dell’appartamento in questione. In calce c’era la sua firma, che tuttavia è poi risultata essere stata falsificata. Come tutto il resto, tra l’altro.
Questa alta concentrazione di residenze incentrate nella stessa casa aveva insospettito i funzionari comunali, che avevano deciso di segnalare il fatto alla Polizia Locale. Da qui l’avvio degli accertamenti. Piano piano, ricostruendo a ritroso la vicenda, è emerso il modus operandi fraudolento. In primis, la famiglia che effettivamente abitava nell’immobile (titolare di una locazione regolare e che nulla ha a che fare con l’inchiesta) non aveva mai visto i richiedenti.
Falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione illegale
Di fatto, secondo le accuse, il 59enne sarebbe riuscito a entrare in possesso dei documenti e delle firme originali dando il via alla moltiplicazione dei contratti a vantaggio dei dieci immigrati, che si sono poi rivolti al Municipio con tutta la documentazione come dei normali cittadini per comunicare l’inizio della residenza. Peccato che qui, di “normale”, ci fosse ben poco. Gli undici imputati, compresi i nove che a breve compariranno presso il Tribunale del capoluogo brianzolo, sono a vario titolo accusati in concorso di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e favoreggiamento dell’immigrazione illegale.