Dose unica di vaccino anti-Covid entro sei mesi dalla guarigione, l’ok del Ministero
Il nullaosta avrebbe ricadute positive sulla campagna vaccinale di massa, consentendo di avere a disposizione più dosi
Chi ha contratto il Covid (in forma sintomatica o asintomatica) ed è guarito potrà ricevere una sola dose di vaccino invece che due. Tra i primi ad avanzare questa ipotesi, quando la campagna vaccinale era alle primissime battute, era stato il dottor Massimo Galli, direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Una tesi che inizialmente aveva creato un certo dibattito all’interno della comunità scientifica, ma che ieri ha ricevuto il nullaosta dal direttore della prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza.
Un via libera non da poco, che potrebbe avere ricadute positive sulla campagna vaccinale di massa anti-Covid (una data certa d’inizio al momento non è ancora stata fissata), consentendo di avere a disposizione un gran numero di dosi in più. Tuttavia, la delibera firmata da Rezza identifica con precisione quali pazienti potranno ricevere una sola dose.
Un’unica dose, ma per chi?
La somministrazione di un’unica dose può essere considerata purché avvenga ad almeno tre mesi di distanza dall’infezione e preferibilmente entro sei mesi. Tradotto: chi è guarito e si vaccinerà a marzo deve avere un tampone positivo accertato tra settembre e dicembre. Nella Bergamasca questa tipologia di pazienti corrisponde a una platea di 12.800 persone. Il che significa che 12.800 dosi potrebbero essere dirottati per altre persone.
Sono esclusi dalla somministrazione unica i pazienti immunodeficienti, per i quali resta consigliato il richiamo.
La strategia lombarda
Tra i sostenitori della somministrazione unica del vaccino vi sono anche il vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti e il coordinatore della campagna vaccinale di Regione Lombardia Guido Bertolaso, che nelle scorse settimane avevano rimodulato il piano di vaccinazioni nel tentativo di arginare la diffusione della variante inglese nel Bresciano.
La strategia messa nero su bianco, oltre a creare un cordone sanitario tra le provincie di Bergamo e Brescia, consisteva nel dirottare i vaccini in via prioritaria ai comuni più colpiti dai contagi (garantendoli agli over80) e somministrarli al maggior numero di persone possibili. Anche una sola dose, prendendo a modello quanto fatto ad esempio dall’Inghilterra.
«Crediamo sia fondamentale poter garantire almeno una dose di vaccino a tutti i lombardi entro la fine di giugno – ha ribadito ieri, venerdì 5 marzo, Letizia Moratti in Conferenza Stato-Regioni -. Dobbiamo puntare a dare una prima protezione a tutti i nostri cittadini, per evitare pressione sugli ospedali e soprattutto l’aumento dei decessi».