Tribunale

Condanna ed espulsione per l'addetto alle pulizie che faceva propaganda jihadista

Cologno Monzese: cinque anni e mezzo di pena per il 49enne egiziano. Scontato il carcere dovrà abbandonare l'Italia

Condanna ed espulsione per l'addetto alle pulizie che faceva propaganda jihadista
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Cinque anni e sei mesi di pena (la Procura ne aveva chiesti sette e mezzo), l’interdizione dai pubblici uffici, l’espulsione dal territorio nazionale una volta terminato il periodo di reclusione in Italia, la confisca dei telefoni cellulari e l’oscuramento del profilo Facebook sequestrato, dal quale lanciava i suoi "proclami" e attraverso cui veicolava i messaggi di odio e vicinanza al mondo dell’estremismo islamico.

Condannato l'addetto alle pulizie "vicino" alla Jihad islamica

Questi i contenuti della sentenza di condanna nei confronti di Mohamed Nosair, il 49enne di nazionalità egiziana, addetto alle pulizie del Quartiere Stella di Cologno Monzese, finito a processo, davanti alla Corte d’assise di Monza, dopo che nell’ottobre del 2023 era stato arrestato dalla Digos di Milano assieme a un 44enne italiano di origini nordafricane, Alaa Refaei, residente nel capoluogo brianzolo, che ha optato per la strada del rito abbreviato al Tribunale di Milano ed è stato precedentemente condannato a cinque anni di carcere.

La sentenza della Corte d'assise di Monza

Il verdetto (le motivazioni verranno rese pubbliche entro 90 giorni) è stato pronunciato ieri, venerdì 29 novembre 2024. Entrambi erano considerati dagli inquirenti dei fiancheggiatori della Jihad e dello Stato islamico, accusati di associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere.

Nosair, titolare di un permesso di soggiorno a lungo termine, da 16 anni in Italia, era dipendente di una società di servizi con sede a Brugherio, a poche centinaia di metri dal suo luogo di professione e domicilio (era stato infatti prelevato dai poliziotti proprio in corso Roma, durante l’orario di lavoro).

I messaggi violenti e di odio

Nelle chat sui social finite negli atti del procedimento penale nei suoi confronti, l’ormai ex addetto alle pulizie del grande complesso residenziale postava audio e video di propaganda della Sharia, di attentati e decapitazioni. Documenti, trasmessi in aula durante il dibattimento, così violenti ed espliciti da provocare malori tra lo stesso personale del Tribunale addetto alla riproduzione.
L’attività investigativa aveva avuto inizio nell’agosto del 2021 quando, sulla base di acquisizioni d’intelligence e in seguito a quanto emerso in un altro filone d’indagine, i poliziotti avevano avviato approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi iscritti a gruppi WhatsApp di matrice jihadista e riconducibili allo Stato islamico, nei quali erano state minacce anche nei confronti della premier Giorgia Meloni, di Silvio Berlusconi e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

I finanziamenti

Nel caso specifico del 49enne erano stati riscontrati circa dieci bonifici per un totale di poco superiore ai 1.000 euro a favore di donne legate alla Jihad.

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