Alla sbarra

Cologno Monzese, false residenze per ottenere permessi di soggiorno: undici a processo

Le indagini della Polizia Locale: il Comune sarà parte civile nel procedimento che si aprirà a breve al Tribunale di Monza.

Cologno Monzese, false residenze per ottenere permessi di soggiorno: undici a processo
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Gli immigrati venivano agganciati davanti al Tribunale o alla Questura. E lui, il "mediatore", permetteva loro di far andare avanti le pratiche per l’ottenimento del permesso di soggiorno fornendo delle residenze false, tutte concentrate all’interno di un piccolo appartamento nel centro di Cologno Monzese, all’insaputa del proprietario dell’immobile e dell’effettivo inquilino titolare del contratto di locazione.

Undici persone a processo

Sono undici le persone che a breve finiranno a processo a seguito di un'indagine condotta dalla Polizia Locale colognese guidata dal comandante Silvano Moioli: nell’elenco ci sono il "benefattore", un 59enne italiano dipendente di uno studio legale, che interrogato ha sostenuto di non aver ricevuto alcun compenso (difficile a credersi), e dieci cittadini extracomunitari, "clienti" arrivati da diversi Paesi africani (Camerun, Costa d’Avorio, Nigeria, Mali e Guinea) e che hanno potuto beneficiare dell’aiuto concesso dal 59enne. Il tutto per concludere al meglio le pratiche per poter rimanere in maniera legale in Italia. Peccato che il castello sia crollato.

Si avvicina la prima udienza in Tribunale

La prima udienza al Tribunale di Monza è stata fissata per fine marzo, con il Comune che ha deciso con il commissario prefettizio Anna Aida Bruzzese di costituirsi parte civile nel procedimento penale, dopo aver ricevuto nei giorni scorsi dalla Procura del capoluogo brianzolo la notifica del decreto di citazione. Di fatto Villa Casati è soggetto leso nella vicenda, mostrando però di avere avuto anche gli "anticorpi" necessari per sbrogliare la matassa.

L'avvio delle indagini da parte della Polizia Locale

Sul finire del 2019, a distanza ravvicinata di tempo, erano arrivate all’attenzione dell’Anagrafe una serie di richieste di residenza alle quali erano stati allegati i contratti di affitto e le fotocopie del documento di identità del proprietario dell’appartamento in questione. In calce c’era la sua firma, che tuttavia è poi risultata essere stata falsificata. Come tutto il resto, tra l’altro. Questa alta concentrazione di residenze incentrate nella stessa casa aveva insospettito i funzionari comunali, che avevano deciso di segnalare la cosa alla Polizia Locale. Da qui, agli inizi del 2020, l’avvio degli accertamenti. Piano piano, ricostruendo a ritroso la vicenda, è emerso il modus operandi fraudolento. In primis, la famiglia che effettivamente abitava nell’immobile (titolare di una locazione regolare e che nulla ha a che fare con l’inchiesta) non aveva mai visto i richiedenti.

Le firme e i documenti farlocchi

Di fatto, secondo le accuse, il 59enne sarebbe riuscito a entrare in possesso dei documenti e delle firme originali dando il via alla moltiplicazione dei contratti a vantaggio dei dieci immigrati, che si sono poi rivolti al Municipio con tutta la documentazione come dei normali cittadini per comunicare l’inizio della residenza. Peccato che qui di "normale" ci fosse ben poco.  A vario titolo sono accusati in concorso di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e favoreggiamento dell’immigrazione illegale.

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