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Arrestata la farmacista dell’ospedale di Saronno: acquistava dispositivi medici poi li rivendeva tramite un’azienda

Ordinava materiale facendolo pagare dall'Asst e poi lo consegnava a un imprenditore che lo rivendeva anche ad altri ospedali.

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Arrestati la farmacista della farmacia dell’Ospedale di Saronno e un imprenditore di Barlassina che rivendevano dispositivi medici acquistati dal nosocomio di Saronno. Lo raccontano i colleghi di primasaronno.it

Farmacista dell’ospedale di Saronno e un imprenditore in manette

Le manette sono scattate questa mattina, venerdì 5 giugno, a chiusura dell’indagine dei carabinieri di Varese e della Guardia di Finanza di Saronno. Custodia cautelare in carcere in attesa del processo per la 59enne farmacista dirigente della Farmacia dell’ospedale di Saronno e per un uomo di 49 anni di Barlassina (Monza e Brianza) amministrazione di un’azienda specializzata nella vendita di dispositivi medici a lei molto vicino. Le accuse sono per entrambi di peculato in concorso e, per l’imprenditore, anche di autoriciclaggio.

I dispositivi medici dell’ospedale rivenduti dall’azienda

Le indagini erano partite a novembre, quando l’Asst Valle Olona aveva rilevato una serie di ordinativi anomali partiti dalla farmacia dell’Ospedale di Saronno su ordine e con firma della dirigente. Indagini, pedinamenti e accertamenti di natura tecnica hanno permesso di verificare che la donna acquistava presidi medici  (lame e batterie per laringoscopi) facendoli apparire come ordini effettuati nell’interesse e per conto dell’ospedale, e quindi facendoli pagare dalle casse pubbliche, per poi trasferirli in scatoloni anonimi e consegnarli all’esterno dell’ospedale all’imprenditore che, tramite la sua società, li rivendeva. E spesso ad altri ospedali pubblici, ovviamente con tanto di fattura.

Entrambi in carcere

In mattinata entrambi sono stati tradotti in carcere su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari, che ha tenuto in considerazione  non solo il perseverare delle condotte criminose durante la crisi sanitaria dovuta alla diffusione del virus da Covid-19, ma anche della spregiudicatezza degli arrestati. Le lame e le batterie per i laringoscopi, infatti, destinate al funzionamento di apparati indispensabili per intubare i pazienti, in alcune occasioni non venivano deliberatamente consegnate ai reparti di anestesia che ne avevano necessità, per essere invece restituite al titolare dell’azienda fornitrice che le rivendeva lucrando indebiti profitti da spartire con la donna.

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