Abuso edilizio: il piccolo capanno per gli attrezzi trasformato in villa
Braccio di ferro legale a Cambiago tra il proprietario dell'area e il Comune
Quello che sulla carta (e in base al permesso di costruire rilasciato dal Comune) doveva essere solo un deposito per gli attrezzi da 12 metri quadrati alla fine è diventato una vera e propria villetta residenziale grande otto volte tanto, alla quale si sono aggiunte le superfici esterne pertinenziali in ghiaia (utilizzate anche per parcheggiare i veicoli) e una serie di vialetti in cemento. Il tutto in un’area di Cambiago, a ridosso della Strada provinciale 176 var, a destinazione agricola e inserita nel perimetro del Parco locale di interesse sovracomunale del Rio Vallone.
Abuso edilizio in un'area agricola di Cambiago
L’edificio in questione, almeno come appare al termine della illecita "metamorfosi", non ha alcuna ragione di esistere. Lo ha messo in chiaro il Consiglio di Stato, che ha recentemente respinto il ricorso presentato dal cambiaghese proprietario del terreno che ha cercato di ribaltare (invano) quanto sentenziato nel 2023 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.
Il braccio di ferro legale
Il Tar, infatti, un anno fa aveva dato pienamente ragione all’Amministrazione comunale, difendendo la decisione dell’ente di acquisire la titolarità del terreno al centro dell’abuso edilizio. Questo alla luce del mancato rispetto di un’ordinanza e altri atti con i quali il Municipio, tra il 2018 e il 2019, aveva imposto il ripristino dello stato dei luoghi alla luce di una concessione edilizia datata 1999.
In base a quest’ultima, sull’area poteva essere edificata solo una piccola rimessa per gli attrezzi agricoli. Peccato che a seguito di un sopralluogo venne riscontrata una situazione ben diversa.
"Del deposito originale non era rimasto pressoché nulla, così che l’intervento costituiva una vera e propria nuova costruzione - hanno osservato dal Consiglio di Stato - Un villino residenziale, dotato di pertinenze e aree esterne complete e pavimentate".
Era stata respinta una richiesta di sanatoria
E tutto ciò, in base alla pianificazione urbanistica, non è permesso. Il proprietario aveva poi presentato una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, rispedita però al mittente dal Comune.
Alla luce dell’ultimo verdetto, e al netto di un possibile e ulteriore ricorso in Cassazione di cui al momento non si ha notizia, il terreno e l’opera abusiva (la villetta) sono al momento diventati patrimonio pubblico.
L'appello al "diritto alla casa"
Il legale del cambiaghese aveva tentato il tutto per tutto, anche appellandosi al diritto alla casa.
"La proprietà edilizia è garantita, purché si osservino le norme edilizie poste a favore di un ordinato dispiegarsi delle facoltà edificatorie per una gestione del territorio che svolga quella funzione sociale per la quale l’edificazione è soggetta a limiti e a controlli", hanno osservato i giudici amministrativi di secondo grado, che hanno condannato il privato a pagare le spese legali del Municipio, quantificate in 4mila euro, oltre Iva e accessori di legge.
L'edificio abusivo diventa di proprietà comunale
"L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale è prevista e disposta quando non solo si è accertata l’illegittimità di un intervento edilizio, ma anche quando non si è rimosso il manufatto illecitamente realizzato - hanno concluso dal Consiglio di Stato - Si tratta di una sanzione che non determina affatto una sorta di espropriazione senza indennizzo, ma ha piuttosto lo scopo di ripristinare la legalità edilizia violata a fronte di un soggetto proprietario che non adempiuto spontaneamente l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi".