La sentenza

Abusi edilizi nella storica cascina: il Comune vince il secondo "round" in Tribunale

Il Consiglio di Stato si è espresso sulla vicenda dei lavori di ristrutturazione del settecentesco edificio di Carugate ai confini con Pessano con Bornago

Abusi edilizi nella storica cascina: il Comune vince il secondo "round" in Tribunale
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Gli abusi edilizi sono stati commessi: sia per quanto riguarda l’innalzamento della torretta, sia in riferimento all’apertura di tre rosoni sulla sommità della stessa. Nel mezzo, poi, si inserisce l’abbassamento di una finestra, giustificato con la necessità di abbattere le barriere architettoniche. Peccato che questo obiettivo lo si potesse perseguire semplicemente posizionando più in basso la maniglia e non l’intero infisso. "Il fatto che la maniglia d’apertura di un serramento debba essere collocata a un’altezza compresa tra i 100 e i 130 centimetri dal pavimento non giustifica, di per sé, la traslazione verso terra dell’intera finestra, anziché della sola maniglia".

Abusi edilizi nella ristrutturazione della cascina

Sulle irregolarità urbanistiche nei lavori di ristrutturazione della Cascina Giussana di Carugate, il Consiglio di Stato aveva deciso di nominare un consulente terzo, un funzionario di Regione Lombardia, che ha avuto il compito di analizzare la situazione e depositare entro la fine di aprile 2025 la propria relazione. In base a ciò che il tecnico del Pirellone ha messo nero su bianco è giunto il responso dei giudici amministrativi di secondo grado. La sentenza è stata pubblicata nei giorni scorsi e, di fatto, ha riportato le lancette dell’orologio indietro al 2021, a quando il Municipio emise un’ordinanza per il ripristino dello stato dei luoghi.

La vicenda giudiziaria dello storico edificio

La vicenda che vede al centro lo storico edificio ai confini con Pessano con Bornago, che affonda le radici nel Settecento e nel passato rurale di Carugate, ruota attorno all’innalzamento delle torretta resosi necessario (aveva sostenuto il proprietario dell’immobile) per posizionare un cordolo sismico atto a garantire la stabilità strutturale. I muri, infatti, avrebbero avuto bisogno di un accorgimento per garantirne la tenuta. Ma l’Amministrazione (che tra l’altro sollevò precedentemente perplessità sullo stato della corte, in alcune sue parti molto ammalorata) aveva contestato questo accorgimento, sostenendo che questi eventuali interventi strutturali potessero essere eseguiti anche senza modificare la conformazione del torrione.

La sentenza del Consiglio di Stato

E questa è stata proprio la tesi espressa dal Consiglio di Stato. L’innalzamento non era stato citato nella Scia depositata agli inizi del 2020, come altri interventi tra cui la riapertura di tre rosoni circolari che nel corso dei decenni erano stati murati. A luglio del 2021 dal Settore urbanistica del Municipio era stato emesso l’ordine di demolizione delle opere non conformi, seguito poi dal ricorso al Tar del proprietario. Il Tribunale amministrativo regionale aveva annullato l’ordinanza del 2021, mantenendo in vigore però il diniego alla sanatoria.

A seguito del nuovo ricorso del privato e dell’appello incidentale del Comune, il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la situazione a vantaggio totale di Villa Somaglia, riformando la sentenza del Tar (che rappresentava una sorta di pareggio tra le parti) e condannando il proprietario della cascina a pagare le spese legali (3mila euro, oltre gli accessori di legge) e la parcella del tecnico mediatore (per altri 2.500).

L'innalzamento della torretta (ma non solo)

L’innalzamento della torretta di una ventina di centimetri e l’apertura delle finestre circolari "non sono classificabili in alcun modo quali interventi di miglioramento o di adeguamento sismico dell’edificio - hanno sottolineato i giudici - Era possibile valutare altre soluzioni. Il cordolo in calcestruzzo poteva essere eseguito in posizione tale da non variare l’altezza, il volume e la sagoma dell’edificio". Inoltre "non sono stati effettuati sulle murature interventi di consolidamento", evidenziando quindi che le stesse "non erano in uno stato qualitativo tale da provocare situazioni di pericolo".

A ciò si aggiunge il fatto che "l’affermata presenza di criticità sulle murature avrebbe dovuto indurre a consolidarle chiudendo i rosoni, anziché addirittura ad aprirli, riducendone la capacità portante", si legge ancora nella sentenza. Senza tralasciare, infine, il caso della finestra abbassata, quando sarebbe bastato spostare verso il basso semplicemente la maniglia.

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