Una medaglia d'onore a Bruno Bargigia, deportato di Melzo
Prima di morire aveva espresso un desiderio che al giorno d’oggi sembra irrealizzabile: "Basta guerre, distruggono l’umanità"
Una medaglia d’onore alla memoria di chi è stato deportato, consegnata dalle mani del prefetto di Milano Renato Saccone e da quelle del sindaco di Melzo Antonio Fusè a Ernesto Bargigia, figlio di Bruno Bargigia, che ha vissuto gli orrori dei lager in Germania.
Una medaglia d'onore per Bruno Bargigia
Prima di morire aveva espresso un desiderio che al giorno d’oggi sembra irrealizzabile: "Basta guerre, distruggono l’umanità". Frasi che per la sua famiglia sono diventate un inno da seguire, uno stile di vita col quale educare le nuove generazioni.
E’ per questo che quando Ernesto giovedì scorso, 29 giugno 2023, è andato a Milano a ritirare la medaglia del papà, l’ha consegnata subito dopo nelle mani di uno dei suoi nipoti più piccoli, tramandando l’importante messaggio.
Eravamo in 11 a Milano davanti al prefetto, pronti a ricevere la medaglia di onorificenza al valore militare per gli internati durante il periodo buio della Seconda guerra mondiale. Periodo che purtroppo ha vissuto mio padre, che in quel conflitto era presente e ha combattuto per difendere la patria con grande valore. Era stato catturato mentre si trovava col suo plotone in Grecia, poi è stato trasferito a Berlino in un campo di concentramento per prigionieri. Ci ha raccontato che siccome venivano “trattati troppo bene” perché soldati, li hanno trasformati in internati. Lavoravano tutto il giorno, mangiavano pochissimo, quasi niente. Deve essere stato terribile.
Un fatto che la storia non può dimenticare e che ha lasciato un solco profondo nella famiglia Bargigia.
L'importante messaggio: stop alle guerre in tutto il mondo
Lui e i suoi compagni di prigionia hanno capito che la guerra era finita quando hanno sentito le cannonate al di là delle sbarre. Le armate li hanno liberati a maggio. Sono stati mandati allo sbaraglio in giro per l’Italia. Lui è tornato a casa il 3 ottobre e la prima cosa che ha fatto è stata abbracciare la sua mamma, che in quei momenti durissimi gli era mancata tanto. Non celebrava festività, Natale, Pasqua, compleanni e anniversari, solo questa ricorrenza. Comprava sempre una grande torta, da dividere con noi figli e, tutti gli anni, quel giorno, era proprio contento. Non ha parlato molto della prigionia, ogni volta che gli facevamo domande si rabbuiava.
Ha proseguito il figlio
Quello che ha visto e ha passato l’ha segnato, per questo ci ha sempre ripetuto di impegnarci per trasformare il mondo in un posto migliore, uno senza guerre. Un messaggio che io e i miei fratelli abbiamo tramandato ai nostri figli e poi ai nostri nipoti. Al più piccolo infatti ho dato la medaglia ricevuta. Oggi è difficile pensare a un mondo in pace, ma lui ci credeva. Spero il suo messaggio venga tramandato a più persone possibili, in modo che possano comprenderlo e metterlo in atto.