Il racconto

Testimone dalla Palestina: "I soldati mi sono entrati in casa sfondando la porta. Ma non cercavano me"

Ospite di Aleimar Iskander Khoury, direttore del Bethlehem Holy Child Program, progetto per studenti diversamente abili seguito e supportato dall'associazione melzese

Testimone dalla Palestina: "I soldati mi sono entrati in casa sfondando la porta. Ma non cercavano me"
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Di Marco Tirabassi

Una testimonianza diretta di chi vive il conflitto sulla propria pelle. Ospite negli uffici di Aleimar, la onlus di Melzo che sostiene progetto in tutto il mondo dedicati ai bambini e alle famiglie in difficoltà, Iskander Khoury, direttore del Bethlehem Holy Child Program.

Una testimonianza diretta dalla Palestina

Si tratta di una scuola speciale, a Betlemme, in Palestina, un istituto che si occupa dei bambini con difficoltà di apprendimento e disabilità mentale. Il direttore è stato invitato per raccontare ai soci e ai sostenitori di Aleimar la situazione che si vive quotidianamente in Terra Santa, una terra massacrata dalla guerra tra Israele e Hamas.

Puoi raccontarci la situazione che si sta vivendo a Betlemme e più in generale in Cisgiordania?

Sono contento di essere qui e di essere tornato in Italia dopo molti anni. Voi di Aleimar fate tanto per le famiglie e per i bambini. La situazione a Betlemme è molto brutta, economicamente e finanziariamente in particolare. Le persone hanno perso il lavoro perché la nostra era una zona turistica. Molte industrie sono chiuse, lo stesso vale per gli hotel, gli alberghi e i negozi di souvenir. Vista la situazione politica, Betlemme è una città chiusa, i cancelli sono presidiati e i villaggi sono isolati. Soffriamo, ma se compariamo la nostra condizione ad altri luoghi noi siamo ancora in una buona situazione. Pensiamo a Gaza... Abbiamo cibo e benzina, ma non abbiamo futuro. Non abbiamo la possibilità di muoverci liberamente e non sentiamo che ci siano grandi speranze.

I beneficiari dei progetti che sosteniamo, i bambini, come stanno vivendo questo periodo così complesso? Quali sono i loro principali bisogni e paure?

I bambini sono molto agitati per la situazione. Loro sono la parte della popolazione più colpita e tendono a tenere per sé le paure e la rabbia. Soffrono per quello che sta vivendo la Palestina, vedono la violenza, sono tristi e non hanno più nei volti i sorrisi tipici della fanciullezza. Ciò che li colpisce maggiormente è il non sentirsi sicuri e protetti, il non avere un posto di cui essere parte. Nonostante anche a scuola possano sembrare tranquilli, è chiaro che vivono in uno stato di paura e di conflitto emotivo.

C’è qualche esperienza concreta che ti ha colpito in particolare?

Posso raccontare un’esperienza che è capitata a me. I soldati israeliani ci hanno svegliato alle 3 di notte. Le jeep si sono fermate fuori di casa, i militari sono saltati fuori e hanno sfondato la porta. Io sono sceso e ho detto loro di fermarsi, che avrei aperto, ma non mi hanno dato retta. Anzi, volevano spararmi. Poi sono andati verso la seconda porta e hanno sfondato anche quella. Sono entrati in casa con le armi e con i cani e si sono diretti nella stanza dei bambini che, fortunatamente, erano al piano di sopra. Urlavano e ci chiedevano chi abitasse in quella casa. Ho chiesto loro chi cercassero e mi hanno detto un nome che non era il mio: era quello di un mio vicino. Mia figlia, che ha 15 anni e un carattere molto forte, si è arrabbiata, voleva parlare con i soldati, ma siamo riusciti a farla calmare. Ho fatto vedere loro i documenti, mi hanno controllato il telefono e poi se ne sono andati lasciando la casa a soqquadro e scherzando sui danni che avevano fatto.

Cosa state facendo per i vostri studenti? Quale tipologia di attività riuscite a portare avanti?

Anche grazie al contributo di Aleimar siamo riusciti a raccogliere i fondi necessari a acquistare l’edificio in cui si trova la nostra scuola. Un luogo in cui siamo presenti dal 2000 e abbiamo investito molte risorse. Adesso siamo sotto la protezione del Patriarca di Gerusalemme, anche per una questione di sicurezza e di prospettiva futura. Ora che ci sono le vacanze estive, il personale si reca a scuola per supervisionare e far sì che tutto sia pronto per la ripresa delle lezioni a settembre.

Nonostante la distanza, che cosa possiamo fare come comunità e come singole persone a favore del popolo palestinese?

Mantenete gli occhi puntati sulla Palestina. Voi potete continuare ad aiutarci in molti modi. Aleimar è un’associazione unica perché non si limita a mandare i soldi, ma è in collegamento diretto con le persone sul posto, con visite, incontri con le famiglie e con le adozioni a distanza. Noi abbiamo bisogno di molto aiuto e l’incontro di oggi è l’ennesimo segno di come voi riuscite a farci sentire parte della famiglia. Noi continuiamo a mantenere viva la fiamma della speranza e ad andare avanti per il bene dei bambini della Palestina e della Terra Santa. Sono consapevole che le notizie che giungono a voi tramite i mezzi di informazione sono spesso contrastanti, ma non abbandonateci. L’importanza di continuare a sostenere il popolo palestinese è vitale, anche attraverso piccole donazioni. Io credo che ci sia una forte energia nel dare gratuitamente, nel mantenere viva l’attenzione sulla Terra Santa e sulle storie di chi vive questo periodo di guerra.

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