Il ricordo

Mundial 1982: ecco come si visse la vittoria 40 anni fai in Martesana

Ecco come la Gazzetta della Martesana dell'epoca descrisse l'epica vittoria degli Azzurri in Spagna. 40 anni dopo rileggendo quelle pagine si provano le stesse emozioni.

Mundial 1982: ecco come si visse la vittoria 40 anni fai in Martesana
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L'11 luglio del 1982 Gaetano Scirea solleva la coppa del Mondiale di Calcio giocato in Spagna, un successo che muove l'intero Paese con l'immagine iconica del presidente Sandro Pertini che esulta dallo stadio Santiago Bernabeu di Madrid. Oggi, 40 anni dopo, le imprese dei calciatori di Enzo Bearzot restano scolpite nella memoria di chi le visse in prima persona, ma sono vivide anche in chi le ha solo sentite raccontare.

Il Mundial del 1982 vissuto in Martesana

Una data storica per un’intera Nazione: 11 luglio 1982, l’Italia per la terza volta diventava campione del mondo di calcio. Il rigore sbagliato di Cabrini, la corsa di Tardelli, l’esultanza del presidente Pertini dalle tribune del Santiago Bernabeu di Madrid: immagini scolpite nella memoria di generazioni di tifosi azzurri. Ma come si festeggiò in Martesana?

Un evento così importante come quello, ovviamente, fu oggetto di servizi de La Gazzetta della Martesana e Milano Est. I cronisti dell’epoca raccontarono la storica finale, vista dalla strade, dalle piazze dai bar del territorio. Per esempio da Gorgonzola, dove centinaia di persone seguirono il match dal Bar Sport: al termine dell’incontro, per chiamare all’adunata i cittadini fu suonata una sirena di quelle della contraerea, azionata a mano da alcuni gorgonzolesi, con migliaia di persone che si riversarono per le strade. Chi a piedi, chi in macchina, chi a boro della mitica Lambretta.

Lo zio Bergomi portò la Martesana sul tetto del Mondo

Lo stesso valeva per Cernusco o Melzo, ma il cuore di quel Mondiale, per la Martesana, fu Settala. Perché il piccolo borgo di poche migliaia di abitanti era con il cuore e la mente proiettato in Spagna, dove un «figlio prediletto» scendeva in campo oscurando la stella di un totem teutonico come Rummenigge.

Stiamo parlando ovviamente dello «zio», Beppe Bergomi, allora 19enne calciatore dell’Inter originario proprio di Settala. Nel Bar San Carlo, sede dell’Inter Club, guidati dallo juventino Gianni, marito della titolare, gli amici e i concittadini del difensore avevano seguito il match e, al termine, avevano dato il via ai festeggiamenti.

«Abbiamo visto signore eleganti e con probabilità, abitualmente, tranquille donne di casa, urlare tutta la loro felicità scompostamente, invocando il nome di Beppe Bergomi - si legge nell’articolo dell’epoca - E’ stata una vera ovazione appena la signora Franca Bergomi, madre del giovane campione, gli zii di Beppe e Carlo, il più grande dei fratelli, si sono affacciati al balcone di casa».

Il ritorno a casa dell'eroe

La settimana successiva i festeggiamenti non si erano ancora placati. Anche perché l’idolo di casa fece ritorno all’abitazione paterna e, diversamente da quanto accade oggi dove i calciatori spesso sono molto distanti dalla loro gente, si concesse senza ritrosie al bagno di folla.

«E’ stata un’apoteosi incredibile, una parentesi di costume e di vita che difficilmente Settala dimenticherà - proseguivano i cronisti - Abbiamo visto eleganti signore compassate sfilare le magliette ai loro figli per allungarle a Bergomi, o per lanciarle verso il balcone, verso le mani protese di Beppe. Il ragazzo era stanco: portava sul volto i segni della fatica e della tensione sofferte negli ultimi giorni, nell’ultimo pomeriggio trascorso con Pertini prima sull’areo presidenziale e poi al Quirinale. Eppure se ne stava là sul balcone, indossando la maglia della nazionale, maglia che faceva urlare di gioia la gente ogni volta che Beppe si affacciava».

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