Le donne nei Carabinieri, un valore aggiunto contro le violenze di genere
Intervista alle militari in servizio presso la Compagnia Carabinieri di Pioltello sul tema degli abusi sulle donne e sul ruolo che svolgono nell'Arma.
Di fronte a episodi di violenza domestica, sessuale o di genere bisogna mettere in campo tutti gli strumenti disponibili per tutelare le vittime e aiutarle a uscire da questo incubo. Marcie, camminate e manifestazioni sono tutti ausili per sensibilizzare su questo tema. Ma molte volte è tra le mura di una Caserma dei Carabinieri che si compie il primo passo verso una nuova vita dove le violenze fisiche, psicologiche o economiche non ne devono più far parte.
Le donne nell'Arma contro la violenza
Ad accogliere le persone che si rivolgono all’Arma ci sono figure professionali, competenti e formate per affrontare argomenti delicati che riguardano l’intimità delle famiglie. Un valore aggiunto per cercare di essere ancor più vicini alle vittime lo danno le donne in divisa, Carabinieri che oltre alla routine ordinaria si sono specializzate nel gestire casi particolari come per esempio le violenze sessuali o gli abusi in contesti dove siano coinvolti anche i minori.
Ne abbiamo parlato con tre donne in divisa in servizio nella Compagnia di Pioltello. Attualmente sono 19 i militari di sesso femminile impegnate nel territorio dell'Adda Martesana, almeno una per Stazione.
Che ruolo gioca la figura femminile all’interno dell’Arma nei casi di violenza sessuale, in famiglia o in generale contro le donne?
«Un ruolo fondamentale. Spesso ci troviamo a che fare con donne e bambini. Anche se colleghi uomini hanno grande sensibilità ed empatia, ci sono alcune situazioni in cui le vittime riescono ad aprirsi più facilmente con persone dello stesso sesso. Penso per esempio nei casi di violenza sessuale, quando è necessario scendere nei dettagli degli abusi subiti per poter circostanziare i fatti e procedere con le denunce. Parlare tra donne mette a maggior agio le persone. Ce ne rendiamo conto anche nei contesti operativi: in casi di violenza in famiglia, per esempio, quando nell’abitazione entra un militare di sesso femminile alcune persone si sentono più tranquille e più aperte al dialogo e al confronto. L’inserimento delle donne nell’Arma è un cambiamento che ha preso avvio negli anni Duemila ed è stato un passaggio importante non solo per garantire l’uguaglianza tra sessi, ma anche per accrescere la qualità del servizio offerto».
Quanto è importante la denuncia in questi casi e quali risultati permette di raggiungere?
«Le denunce o le segnalazioni di episodi di violenza permettono di incidere sulle tempistiche e di intervenire in maniera più efficace anche in base alla gravità dell’evento subito o riportato. Qualsiasi donna che entra in una delle Stazioni per raccontare di violenze subite viene ascoltata, nessuna viene rimandata a casa senza essere presa in carico. Attraverso le segnalazioni, inoltre, possiamo ricostruire elementi fondamentali come per esempio la frequenza degli episodi o l’intensità. Per questo l’invito è di chiamare sempre il 112 quando si è protagonisti o testimoni di violenze, perché ogni intervento viene registrato anche in caso di riappacificazione o di assenza di denuncia successiva. Purtroppo ci rendiamo conto come questi siano argomenti quotidiani, con cui costantemente ci troviamo a interfacciarci».
Quanto è importante il lavoro in rete che viene svolto che le realtà territoriali (ospedali, consultori, centri anti-violenza, associazioni, etc)?
«E’ fondamentale, così come è importante sfruttare tutti i canali informativi per trasmettere il messaggio dell’importanza di denunciare gli episodi di violenza e di non sottovalutare anche questioni che possono apparire minime o superficiali. Il lavoro in rete ci mette in condizione di operare in maniera efficace con le vittime, perché dà gli strumenti per garantire una completa presa in carico. A noi compete l’attività investigativa e giudiziaria, ma sappiamo che possiamo contare su servizi gratuiti pensati per le donne in difficoltà. In consultori, per esempio, o i centri anti-violenza che mettono a disposizione psicologi, avvocati, assistenti sociali ed educatrici che possono rispondere alle esigenze di protezione, ascolto e sostegno di chi è vittima di violenze. Nel territorio dell’Adda Martesana, per esempio, si è instaurato un ottimo rapporto con la Rete Viola che permette di dare risposte immediate e efficaci a queste problematiche».
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