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L'arcivescovo di Milano apre il nuovo anno pastorale: "Viviamo di una vita ricevuta"

Monsignor Delpini celebrerà anche il Rito di ammissione di undici candidati al diaconato e al presbiterato

L'arcivescovo di Milano apre il nuovo anno pastorale: "Viviamo di una vita ricevuta"
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Venerdì 8 settembre, alle  9.30, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, presiederà in Duomo la Messa pontificale che, come da tradizione, inaugura il nuovo anno pastorale in occasione della Festa della Natività di Maria, patrona della cattedrale.

L'ammissione degli aspiranti diaconi e sacerdati

Durante la celebrazione si svolgerà il Rito di ammissione di undici candidati al diaconato e al presbiterato (giovani seminaristi che iniziano la terza teologia, la seconda parte della formazione al sacerdozio) e di un laico candidato al diaconato permanente.

Un nuovo anno pastorale

Alle  12, nella Sala conferenze della Curia arcivescovile (piazza Fontana 2) l’arcivescovo i contenuti della proposta pastorale e risponderà alle  domande dei giornalisti presenti. Con lui sarà presente monsignor  Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale.

“Viviamo di una vita ricevuta”: questo il titolo della proposta pastorale per l’anno 2023-2024, un testo in cui l’arcivescovo, come scrive nell’introduzione, incoraggia tutti "a non rinunciare alla responsabilità della testimonianza, della proposta, dell’accompagnamento educativo sui temi che riguardano l’educazione affettiva, la preparazione al matrimonio religioso, l’accoglienza della vita, il lavoro, la pace, il tempo della terza età".

Come spiega monsignor Delpini in un altro passaggio,

la mia intenzione non è di proporre una sintesi dottrinale su temi delicati e complessi. Desidero piuttosto mettere in evidenza il principio fondamentale del vivere e il punto di partenza per le scelte alle quali la responsabilità di ciascuno non può sottrarsi. (…) Credo che vivere la fede come amicizia, sequela, comunione con Gesù sia la condizione per riconoscere di vivere una vita ricevuta in dono e costituisca l’antidoto più necessario per resistere alla tentazione dell’individualismo radicale che, a mio parere, sta portando al suicidio della nostra civiltà. (…) Siamo insieme credenti e non credenti, terra assetata che invoca la fonte che zampilla e terra promessa che offre speranza ai nostri contemporanei. Perciò impariamo e cerchiamo di praticare lo stile di Gesù per percorrere le strade dell’inquietudine e dello scoraggiamento, per imparare a dialogare, per seminare speranza.

 

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