"Insegnavo a scuola, ma mi cacciarono perché gay"
Giovanni Climaco Mapelli di Inzago ricorda l’episodio di discriminazione e fa il punto sui diritti degli omosessuali.
Quasi trent’anni fa fu costretto ad abbandonare l’insegnamento della religione cattolica perché dichiaratamente gay.
A distanza di tanto tempo e molti cambiamenti, monsignor Giovanni Climaco Mapelli di Inzago traccia un bilancio di quanto accaduto in questi anni.
Il bilancio sulla comunità Lgbt+ nella società dall'esperienza di un (ex) docente di Inzago
Sono passati ventotto anni da quando un docente di Religione dichiaratamente gay fu allontanato dalla cattedra che aveva in una scuola del paese, per nessun altro motivo che il suo orientamento sessuale. A distanza di tanto tempo oggi, il 63enne Giovanni Climaco Mapelli (al secolo Giovanni Felice Mapelli) di Inzago è tornato a parlare dell’odioso caso di discriminazione di cui fu vittima per valutare quanto (e se) è cambiato il mondo. L’inzaghese nel frattempo è diventato arcivescovo primate della Chiesa cristiana antica cattolica e apostolica, una confessione da lui fondata nel 2007 e che segue il rito gallicano.
Ha notato particolari differenze tra l’omofobia del 1994 e quella del 2022?
"Un tempo la vita per gli omosessuali era un vero e proprio inferno. Io credo che la natura non abbia previsto solo l’eterosessualità, altrimenti Dio non avrebbe creato i gay. La prima manifestazione pride cui ho partecipato è stata nel ’96. Eravamo in pochissimi e tutti omosessuali. Ora questi eventi avvengono più spesso e vi aderiscono molte più persone, anche i non omossessuali. Ma per quanto riguarda i diritti della comunità Lgbt+ la situazione è rimasta statica, nonostante ora ci sia una maggiore apertura mentale. Il massimo che è stato concesso sono state le unioni civili".
Qual è il processo culturale da seguire per una maggiore apertura mentale collettiva?
"L’istruzione è certamente importante per raggiungere un’elevazione mentale. Si deve partire dalle scuole. Ai miei tempi l’educazione sessuale veniva vista unicamente da un punto di vista scientifico e biologico. Si dovrebbe invece guardarla con un occhio più umano, razionale e passionale. I genitori sono il principale problema, vedono tutto come un tabù che potrebbe nuocere i loro figli. Un altro mezzo importante sono le manifestazioni come il Pride, che però non riescono sempre a passare il giusto messaggio, poiché, durante queste, molti si vestono in maniera appariscente solo per farsi notare. E la televisione italiana trasmette proprio loro. In questo modo le persone credono che un gay sia necessariamente un depravato, fraintendendo il senso dell’evento stesso".
Il servizio completo nell'edizione della Gazzetta dell'Adda in edicola e nell'edizione sfogliabile online per smartphone, tablet e Pc da sabato 2 luglio 2022.