Il caso

I ministeri non vogliono pagare 900mila euro al Comune, Cologno Monzese avvia il pignoramento

I dicasteri dell'Interno e delle Finanze hanno perso due volte in Tribunale. Eppure Roma non apre il portafoglio

I ministeri non vogliono pagare 900mila euro al Comune, Cologno Monzese avvia il pignoramento
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Il Comune di Cologno Monzese chiama e Roma non risponde, facendo orecchie da mercante. E così un pezzo di Pubblica amministrazione (il Municipio) si è trovato costretto per l’ennesima volta a trascinarne in Tribunale un altro: i ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze, retti rispettivamente da Matteo Piantedosi e Giancarlo Giorgetti.

I ministeri fanno orecchie da mercante e non pagano

Il tutto con l’obiettivo di mettere in mora i dicasteri e ottenere quanto dovuto, ossia quasi 900mila euro, così come stabilito da due sentenze emesse nel 2020 e nel 2022 dal Tribunale di Milano e dalla Corte d’appello. Ed essendo scaduti i termini entro i quali l’Avvocatura dello Stato avrebbe potuto presentare l’ennesimo ricorso, ma in Cassazione, l’ultimo verdetto in ordine di tempo è diventato definitivo.

Il nodo della contesa

Al centro del contendere ci sono i mancati trasferimenti erariali da Roma per compensare il minore gettito Ici sugli immobili a destinazione produttiva.
Una questione che potrebbe sembrare degna di un azzeccagarbugli, ma dietro formule, calcoli, parametri e contrastanti metodi di conteggio c’è la sostanza: quasi 800mila euro che i due ministeri sono stati chiamati a versare nelle casse di Villa Casati, oltre agli interessi e alle spese legali. Non una, bensì due volte, visto che dopo aver perso al Tribunale di Milano, il Viminale e Palazzo delle finanze hanno dovuto alzare bandiera bianca anche in Appello.

La prima vittoria in Tribunale del Comune

Il primo verdetto venne emesso nell’autunno del 2020 e l’allora Giunta guidata dal sindaco Angelo Rocchi riteneva di avere tutto il diritto di ottenere il dovuto. Ora a beneficiarne sarà l’Amministrazione del primo cittadino Stefano Zanelli, entrata in carica un anno fa. Ma nulla, purtroppo, appare semplice come dovrebbe. Nei giorni scorsi la Giunta, infatti, ha dovuto rinominare un avvocato per avviare la fase esecutiva delle due sentenze rimaste lettera morta.

La vicenda affonda le sue radici nel lontano passato e ha al centro il minor gettito per l’Imposta comunale sugli immobili per gli anni dal 2003 al 2009.
Da lì, sul finire della prima decade del nuovo secolo, la situazione assunse i contorni che poi avrebbero spinto Villa Casati a far partire comunicazioni più o meno bonarie, fino alla formale messa in mora del 2016 con il quale era stato chiesto al Dipartimento centrale della finanza locale del ministero dell’Interno di annullare in autotutela gli atti statali che sancivano un netto taglio dei rimborsi.

Roma chiese la restituzione di quasi 470mila euro, non concedendo un’altra tranche che ammontava ad altri 330mila. E così il "buco" raggiunse i 797.944,79 euro, che i ministeri sono stati condannati a consegnare a Cologno.

La sentenza d'appello

La diffida del 2016 non raggiunse il risultato sperato. E così, nel 2017, il Comune aveva bussato alle porte del Tribunale meneghino. A distanza di anni dall’avvio del procedimento sono arrivate nell’ordine le sentenze di primo grado e di appello, con la quale sono stati respinti i ricorsi dei due ministeri.

Non solo i quasi 800mila euro: i dicasteri sono stati anche condannati in solido tra loro a pagare al Comune le spese di lite e legali. Insomma, una vittoria su tutta la linea, che però dovrà essere ancora sudata.

"Atto dovuto, la richiesta bonaria non ha ricevuto risposta"

"È un atto dovuto procedere con la fase esecutiva, visto che c’è una sentenza passata in giudicato - ha sottolineato l’assessore al Bilancio Antonio Velluto - Inoltre la richiesta bonaria inviata a Roma ad aprile dagli uffici comunali non ha mai ricevuto risposta".

Ergo, se con le buone maniere non si ottengono risultati, bisogna passare alle cattive, anche con l’ipotesi del pignoramento. La fase esecutiva delle sentenze, rimaste lettera morta, verrà seguita dallo stesso avvocato che aveva curato i due precedenti gradi di giudizio. Parcella: quasi 5mila euro.

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