Gorgonzola, don Paolo tra i primi pellegrini al mondo in Terra Santa dalla scoppio della guerra
Partito lunedì è rientrato giovedì con altri otto sacerdoti delle diocesi di Milano, Piacenza e Cremona: "Emozione e dolore"
Quattro giorni in Terra Santa per il parroco di Gorgonzola, tra i primi al mondo in pellegrinaggio nei luoghi martoriati dalla guerra tra Israele e Palestina.
Gorgonzola, don Paolo tra i primi pellegrini al mondo in Terra Santa dalla scoppio della guerra
Ho intrapreso questo breve viaggio, nonostante i possibili e ben valutati rischi, per tre motivi: il primo era pregare per la pace al Getsemani e al Santo Sepolcro, il secondo per portare alle comunità cristiane la solidarietà della nostra Chiesa. Il terzo per consegnare nelle mani di alcune famiglie che conosco personalmente, sia in Israele che in Cisgiordania, quanto raccolto dalla nostra comunità per loro, ovvero 4.500 euro (che si aggiungono agli 8mila già inviati in precedenza, ndr).
Missione compiuta per don Paolo Zago, parroco della comunità pastorale Madonna dell’Aiuto di Gorgonzola, rientrato giovedì dai quattro intensi giorni di pellegrinaggio in Terra Santa. La partenza lunedì, con altri otto sacerdoti delle diocesi di Milano, Piacenza e Cremona, verso Gerusalemme e Betlemme.
I primi pellegrini al mondo a mettere piede in quei luoghi dal 7 ottobre scorso, il giorno del tragico attacco terroristico di Hamas a Israele, che ha poi provocato lo scoppio della guerra a Gaza in una spirale di violenza che non si è più fermata.
Lì ho trovato in tutti un profondo desiderio di pace e di dialogo, ma in un contesto di grande tensione e sofferenza. Incontrando padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, ci diceva che è “importante educare alla pace, a partire dalla comunicazione che deve escludere la violenza che risiede nelle parole e nel modo di dirle”. Bisogna evitare il linguaggio che deumanizza, che descrive l’altro come “men che umano” arrivando anche a giustificarne l’eliminazione, come la storia recente ha dimostrato con gli ebrei
ha spiegato il sacerdote.
La parola giusta sarebbe dunque "equivicinanza", al dolore di entrambe le parti: israeliani e palestinesi.
Ciò che ho trovato in questi giorni in Terra Santa è una realtà drammaticamente segnata dalla rabbia, dal sospetto e dalla paura. Hanno paura gli ebrei, hanno paura gli arabi israeliani, hanno paura i palestinesi. Tutti hanno paura dell’altro. Nei luoghi di lavoro colleghi arabi e israeliani che prima andavano d’accordo, adesso non si parlano più. Ci vorranno anni per ricucire la società israeliana al suo interno. E i cristiani, per la maggioranza impegnati nel turismo, stanno patendo la fame e vogliono lasciare la loro terra, col rischio di fare della Terra Santa un museo a cielo aperto
ha proseguito nel suo racconto dell’esperienza don Paolo.
Dunque cosa si può fare?
Riprendo le parole di padre Patton: “Occorre tenere i motori accesi dei pellegrinaggi, non lasciar cadere il desiderio di venire nei Luoghi Santi e proporre il viaggio a gruppi, pur piccoli, di fedeli. Nonostante quanto sta avvenendo a Gaza è possibile recarsi in pellegrinaggio qui in Terra Santa”. Sono convinto anch’io che la presenza dei pellegrini potrà contribuire ad allentare le tensioni attuali.
Che consolazione stamani trovare questa testimonianza che fa alzare lo sguardo, mette le ali per operare con maggiore responsabilità e consapevolezza per la "equivicinanza". Seminiamo speranza. Grazie a Don Paolo e a tutti.
Bravo Don Paolo, importante e coraggiosa iniziativa. Che il Signore accompagni e benedica sempre i tuoi viaggi e ti faccia portatore di conforto, di coraggio e di pace.