Riflessione

Don Giorgio difende Natale e presepi: "Gesù non è una statuina da spolverare"

Il parroco di San Giuliano, frazione di Cologno Monzese, invita a celebrare la fede cristiana

Don Giorgio difende Natale e presepi: "Gesù non è una statuina da spolverare"
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Una lunga lettera contro il consumismo e a favore del rispetto delle religioni. E' quella scritta da don Giorgio Salati, della parrocchia di San Giuliano di Cologno Monzese.

Un invito a ritrovare il senso del Natale

Il sacerdote suggerisce di non dare retta a chi non vuole festeggiare la nascita di Gesù e di difendere la propria fede. Tra le esortazioni c'è anche quella di non confondere la festività con il consumismo.

Una lunga riflessione condivisa sulle pagine del giornalino parrocchiale:

Ho saputo dalla coordinatrice della nostra scuola dell’infanzia che una scuola di Cologno sta preparando i propri bambini a celebrare la Festa della pace. La cosa mi ha fatto riflettere: anche a Cologno abbiamo paura a parlare di Natale? Il fatto non ci meraviglia, perché sentiamo in Tv di altre scuole in cui si parla della “Festa delle feste” o cose analoghe per evitare di nominare il Natale e soprattutto il festeggiato: Gesù, il Figlio di Dio, che si fa bambino.

Il parroco invita a difendere fede e tradizioni cristiane:

Qualcuno giustifica la scelta di abolire il nome “Natale” e “Gesù” con l’intento di non “ferire” chi appartiene ad altre religioni, in specie alla religione islamica. Così pure il presepe viene considerato offensivo e in diverse scuole ormai è stato abolito per far spazio a scenari di convivenza tra i popoli, di fratellanza, di pace. Cose certamente valide, ma che si potrebbero realizzare durante tutto l’arco dell’anno.

Don Salati ha anche condiviso un'esperienza personale:

Ma perché abbiamo paura a parlare di Natale? Perché abbiamo paura a parlare di Gesù? Ha vissuto con me, in casa mia, per tre anni, fino allo scorso inizio di settembre, un ragazzo egiziano, di fede islamica, devoto e praticante.
Nella sua camera pregava Allah sul suo tappetino, si recava in moschea quando il lavoro glielo permetteva, celebrava le feste islamiche. Ma al tempo stesso si aspettava che noi altri cristiani recitassimo la preghiera prima di mangiare, si interessava del cristianesimo, chiedeva spiegazioni delle nostre feste. Non nascondeva agli amici il fatto di vivere in casa di un prete, perché riconosceva l’importanza di appartenere a Dio, in qualunque modo la tua famiglia, la tua cultura, la tua formazione te lo avesse fatto conoscere.

Per il parroco, nel tempo, si è perso il vero senso delle celebrazioni:

Ora noi siamo pronti a gridare allo scandalo, qualcuno addirittura fa battaglie in difesa del presepe e lo ostenta facendosi paladino del cristianesimo, ma non ci rendiamo conto che tutti noi siamo figli di una cultura laicista che ha sostituito il “Buon Natale” con il “Buone Feste”, che ha sostituito i colori bianco e oro (quelli della liturgia natalizia) con il rosso di Babbo Natale.

Il religioso ha anche sfatato un falso mito:

Qualcuno rivendica le origini religiose di Babbo Natale perché in America è Santa Claus, cioè San Nicola. Ma la ricorrenza del Santo è il 6 dicembre! E così questo Babbo ha preso il posto di Gesù Bambino, che ci porta il regalo più grande: lui stesso, che si fa dono all’umanità. Qualcuno rivendica il valore religioso dell’albero, documentandosi su Internet. Ma gli alberi ce li abbiamo tutto l’anno! Ora invece noi aspettiamo Gesù, il Figlio di Dio. Ma ricordiamoci che Gesù non è una statuina da spolverare ed esporre una volta l’anno: è una persona viva che chiede un posto nella nostra esistenza quotidiana. Tutto l’anno.

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