Da Pioltello alla Val d'Aosta per parlare del fenomeno mafioso in città
La sindaca Ivonne Cosciotti è stata chiamata a raccontare l'esperienza di Pioltello, città colpita dall'infiltrazione della criminalità organizzata

Nel pomeriggio di sabato scorso si è tenuto nella Sala del Municipio di Morgex, in Valle d’Aosta, l'incontro pubblico dal titolo "Mafie: si può dire no", organizzato dall'Osservatorio regionale antimafia, in collaborazione con il Comune di Morgex e moderato da Claudio Forleo dell'associazione Avviso Pubblico. Un tema delicato e, tra gli ospiti, è stata data voce anche alla sindaca di Pioltello Ivonne Cosciotti.
La mafia raccontata dagli amministratori
Il giorno del 33esimo anniversario dell'attentato di via D'Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta - Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina - è stato un'occasione di confronto e testimonianza diretta con chi ha scelto di opporsi concretamente alla criminalità organizzata.
In apertura, il sindaco di Morgex Federico Barzagli ha sottolineato l'importanza dei Comuni che sono il primo presidio della legalità sul territorio.
Il contributo di Pioltello
È poi intervenuta la sindaca pioltellese Cosciotti che ha evidenziato il duplice volto della 'ndrangheta sul territorio: da un lato la "mafia da contatto", che costruisce consenso attraverso gesti quotidiani apparentemente innocui - un caffè offerto, piccoli favori - dall'altro la capacità di operare in silenzio, mimetizzandosi dietro una facciata di normalità.
A Pioltello la ‘ndrangheta ha operato quasi sempre in silenzio, ma nel 2010, l'operazione "Crimine Infinito" ha rivelato l'esistenza di una locale attiva e dei suoi sistemi di condizionamento del territorio - ha spiegato - Successivamente, si è scoperto che il sodalizio criminale agiva anche attraverso gesti di apparente benevolenza e tentativi di condizionare la politica locale, incluso il sostegno a un candidato sindaco alle elezioni comunali.
Secondo Ivonne Cosciotti il pericolo maggiore è rappresentato dalla normalizzazione dei rapporti di contiguità. Per questo motivo, ad esempio, ha dato indicazione ai consiglieri e componenti della Giunta del suo schieramento politico di non frequentare il ristorante che le indagini avevano identificato come luogo di ritrovo della cosca.
Il racconto dei sindaci
Se la reazione dei pioltellesi alle notizie sull'infiltrazione della ‘ndrangheta sul loro territorio è stata tiepida, lo stesso non si può dire per quella degli abitanti di Casal di Principe, roccaforte storica del clan camorrista dei Casalesi. A spiegarlo è stato Renato Natale, già sindaco del Comune del casertano e autore del libro "Io, Casalese che non sono altro", che ha posto come priorità assoluta nei suoi mandati la trasparenza e la lotta alla camorra.
L'ex primo cittadino ha ricordato come, dopo l'uccisione di don Peppe Diana nel 1994, la comunità locale ha avviato un forte percorso di riscatto, nonostante il ferreo controllo esercitato dai Casalesi sul territorio. Un processo graduale, ma costante, che ha portato, ad esempio, alla riconversione di numerosi beni confiscati in progetti sociali ed economici dal forte valore simbolico. Come le varie realtà denominate "Nco" come la Nuova cucina organizzata e la Nuova coltivazione organizzata, che rileggono ironicamente in chiave antimafia la sigla associata alla Nuova camorra organizzata.