Convivenza difficile: nasce in Bergamasca il "Comitato tutela dai lupi"
E chiede un maggior contenimento della specie
Si è costituito in Val Seriana, in provincia di Bergamo, il "Comitato tutela dai lupi", presieduto da Gian Carlo Bosio, che fa parte della rete di gruppi simili coordinata dal ruralista Michele Corti. L'associazione bergamasca andrà quindi a unirsi agli altri "Comitati per la tutela delle persone e degli animali dai lupi", presenti al momento in Valchiavenna, Valtellina, Valle del Lario e in quella del Ceresio. Nel frattempo, uno è in via di costituzione anche per la Val Brembana, così come nella Val Camonica per il Bresciano.
Le critiche al "Piano lupo"
La fondazione di un comitato nella Bergamasca si collega anche alla lettera, inviata dalle associazioni venatorie della Lombardia all'assessore regionale all'Agricoltura Alessandro Beduschi, che chiede il blocco del "Piano Lupo" - redatto dal Ministero dell'Ambiente e in fase di approvazione per agosto, nella conferenza Stato-Regioni - a meno di modifiche sostanziali.
Questo perché, secondo quanto dichiarato dalla rete e dalle associazioni della caccia che hanno raccolto il suo appello, tale documento non garantirebbe la sicurezza degli abitanti e dei loro animali da questo predatore, che andrebbe di questo passo a danneggiare anche l'allevamento e il turismo in montagna.
«Gli allevatori - ha dichiarato Corti - devono attualmente fronteggiare la crescente presenza di lupi, tramite mezzi di protezione passivi, che si rivelano ogni giorno più inadeguati e tali da determinare aggravi di costi e impegno lavorativo. Solo l’introduzione di un contenimento della specie, come attuato in altri paesi dell’Unione europea, può mitigare gli impatti di un numero rapidamente crescente di branchi».
Necessario protocollo esemplari pericolosi
Per i comitati è importante inoltre l’adozione di un vero protocollo per la gestione dei lupi pericolosi: un elemento per loro assente nell’attuale versione del Piano, che contempla come sola situazione pericolosa l’aggressione alle persone da parte di esemplari non provocati.
«Ciò mentre nelle altre nazioni alpine si stanno adottando da tempo veri protocolli - ha continuato Corti -, che individuano nei lupi pericolosi quelli che, perso il timore dell’uomo, manifestano comportamenti quali avvicinare le persone a meno di trenta metri, pedinarle, penetrare in centri abitati e stalle, predare animali domestici».
Oggetto di critica da parte dei gruppi di tutela anche l'istituzione di una "Autority del lupo" «che, sottraendo competenze e iniziativa agli organi politici democraticamente eletti, accentrerebbe su di sé tutte le iniziative, diventando un nuovo potere di controllo del territorio in grado di condizionare e vincolare l’esercizio delle attività agricole».