Sono state aggiornate le tariffe per la refezione scolastica annunciato dal Comune di Brugherio per il 2026. Secondo il Comitato diritto mensa si tratta di un intervento marginale, “che tuttavia dimostra come, quando le questioni vengono portate all’evidenza pubblica, si aprano margini di correzione”.
Come cambiano le tariffe mensa
La nuova articolazione delle tariffe prevede che, da 30.001 a 40.000 euro di Isee, le famiglie paghino 6,27 euro a pasto. Oltre questa soglia, la tariffa resta invariata a 6,77 euro. È stata accolta la proposta di una gradazione più precisa, rivolta alle famiglie “medie”, in linea con quanto già adottato da molti Comuni.
In termini pratici, il beneficio è contenuto: circa 10 euro al mese per figlio, su una spesa complessiva di circa 150 euro. Una misura che appare più come un gesto politico che come un intervento strutturale. Non affronta l’errore originario: un bando impostato su una spesa massima giornaliera di 7 euro, cifra che pochissime famiglie avrebbero potuto sostenere per un servizio scolastico essenziale
hanno commentato dal Comitato
Resta aperta la questione centrale: l’impatto della mensa sulle famiglie con redditi più bassi. Per un nucleo con Isee tra 7.000 e 14.600 euro, la tariffa attuale di 5 euro a pasto significa circa 750 euro all’anno per un figlio e 1.500 euro per due figli (su 150 giorni di mensa). In termini percentuali, questa spesa può incidere fino al 7–10% del reddito disponibile: una soglia molto alta se rapportata a un servizio essenziale e quotidiano. Ogni euro sottratto al bilancio familiare comporta rinunce su altre necessità primarie come alimentazione, trasporti e utenze.
Il valore effettivo del pranzo è di 1,91 euro. Il resto della quota copre servizi accessori, abbellimenti dei locali, elettrodomestici e la quota di morosità. È comprensibile che molti genitori si chiedano se fosse opportuno caricare queste voci su un conto già gravato dall’inflazione, invece che sul bilancio comunale. Il risultato è un costo sproporzionato rispetto al valore reale del pasto.
Il risparmio consuntivo di 135.000 euro nel 2025 dimostra che un contributo comunale maggiore sarebbe stato sostenibile. La priorità andava alle prime fasce Isee, dove l’incidenza della spesa è più pesante e ogni intervento può produrre un impatto sociale rilevante. Non si tratta di rivendicare privilegi, ma di garantire equità: le famiglie a reddito basso non chiedono di non pagare, ma di pagare una quota proporzionata alle loro possibilità.
Quindi dal Comitato hanno voluto chiarire come i mesi di lotta che sono stati portati avanti non erano fine a se stessi, e si sono anche tolti qualche sassolino dalla scarpa:
A conclusione di un anno intenso, che ci ha impegnato oltre il nostro lavoro e le nostre famiglie, vogliamo esprimere un pensiero semplice e chiaro: negare o screditare gli strumenti democratici – comitati, firme, dialogo – significa privare i cittadini di canali di espressione regolati e costruttivi. Screditarli alimenta sfiducia e diffonde l’idea che non si possa fare nulla. Noi siamo padri di famiglia. Non sfidiamo nessuno, ma difendiamo il diritto di trovare spazi legittimi per manifestare il nostro dissenso. Siamo persone oneste e determinate, non conflittuali, che credono nella forza della partecipazione. Non desideriamo essere protagonisti: le nostre professionalità e le nostre famiglie soddisfano pienamente ogni ambizione personale.