Un applauso lungo, intenso, come un battito collettivo. Alla palestra Kennedy di Brugherio, la prima partita casalinga del Basket Brugherio è diventata un momento di memoria e amore per Simone Galbiati, il 19enne ex capitano degli Eagles scomparso a settembre dopo una dura lotta contro un tumore.
Un abbraccio che vale più di una partita
Prima del fischio iniziale, la squadra si è stretta in cerchio. Mani sovrapposte e un grido che ormai è rito: “Simo!”. Quando il tabellone ha segnato 24 punti – il suo numero di maglia – il gioco si è fermato. Il pubblico si è alzato in piedi e un lungo applauso ha riempito la Kennedy, mentre uno striscione verde ricordava: “Simo sempre con noi”.
Accanto alla moglie Rita, Mauro Galbiati, padre di Simone, ha raccontato con emozione:
“Per rendergli omaggio abbiamo disegnato il suo logo sulla spalla sinistra della divisa, così nostro figlio sarà sempre in campo. L’idea iniziale era mettere il suo nome dentro un pallone, poi un’amica grafica ci ha aiutato a creare questo disegno che ci rappresenta. Presto diventerà un tatuaggio: voglio averlo per sempre sulla pelle”.
Il ricordo che diventa impegno
Durante la serata, tutto il Basket Brugherio ha ricordato il valore e la forza del suo ex capitano.
Il direttore sportivo Diego Muzzolon ha sottolineato:
“Nella mente e nel cuore, in ogni gesto, c’è Simo. Era una guida, un riferimento, una forza silenziosa. Questo è solo un piccolo gesto: seguiranno altre occasioni per ricordarlo. A gennaio il torneo Under 19 sarà dedicato a lui e stiamo pensando anche a una raccolta fondi per la ricerca”.
Simone era un ragazzo solare, generoso, diplomato all’istituto superiore Settembrini di Milano. Anche durante la malattia non aveva mai smesso di sorridere, studiando per diventare fisioterapista “per restituire ciò che la vita e i medici gli avevano donato”.
Aveva partecipato alla serie “Ho preso un granchio” dell’Istituto dei Tumori di Milano, per raccontare con ironia la vita dei giovani pazienti oncologici. E fino all’ultimo era tornato alla palestra Kennedy – anche in stampelle – per aiutare i compagni come preparatore atletico.
Oggi il numero 24 non è più solo una maglia: è un simbolo. Ogni volta che il tabellone lo segna, la squadra si ferma, si guarda negli occhi, e sa che Simone è ancora lì, con il suo sorriso che illumina il parquet.
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