COMMEMORAZIONE

Anche a Melzo grande partecipazione al corteo per la Festa della Liberazione

La sfilata in corteo dalla Chiesa prepositurale fino a piazza della Vittoria ripercorrendo i luoghi della memoria e i monumenti celebrativi

Anche a Melzo grande partecipazione al corteo per la Festa della Liberazione
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Oggi, 25 aprile 2025, si è festeggiato in tutta Italia l’80° anniversario del Giorno della Liberazione del Paese dal regime nazi-fascista. Anche a Melzo le celebrazioni non si sono fermate, pur nel rispetto del lutto nazionale proclamato per la morte di Papa Francesco.

Il corteo

Dopo la Messa nella chiesa dei Santi Alessandro e Margherita si è formato un corteo guidato dalla Filarmonica Città di Melzo, che ha eseguito musiche a tema. La marcia ha attraversato via Montello e via Monte Rosa prima di fermarsi due volte lungo via Martiri della Libertà: la prima di fronte alla sede dell’Acli dove il sindaco ha deposto un mazzo di fiori ai piedi della lapide per i caduti; la seconda per un momento di raccoglimento davanti alla pietra d’inciampo dedicata a Domenico Virginio Dossi, giovane antifascista melzese deportato e morto nei campi di lavoro tedeschi.

Il gruppo ha poi proseguito alla volta di via Dante dove si è nuovamente fermato per rendere omaggio alla lapide del XXV aprile e ha concluso il proprio itinerario in piazza della Vittoria.

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L’arrivo al Monumento ai caduti

Arrivati in piazza, i Carabinieri hanno deposto una corona di alloro ai piedi del Monumento ai caduti, addobbato per l’occasione con nastri tricolore. La Filarmonica ha eseguito l’inno di Mameli accompagnata dal canto dei presenti.

Qui ha preso la parola il sindaco Antonio Fusè per ricordare l’importanza di questa Festa e della memoria:

Il 25 aprile è senza dubbio una data dal profondo significato nel nostro Paese. In quel giorno di ben 80 anni fa terminava infatti una delle vicende più buie della nostra storia, cioè la dittatura, la guerra, l’occupazione straniera. E prendeva il via una delle più luminose: la liberazione dalla tirannide, la nascita della nostra democrazia, la formazione dello stato di diritto. Nel rievocare l’epopea della Resistenza non si deve e non si può considerare il 25 aprile come uno stanco rituale ripetuto di anno in anno né tantomeno ci si può limitare ad un mero esercizio retorico. È indispensabile andare al cuore di quell’esperienza: celebrare la liberazione significa innanzitutto interrogarci sul nostro presente, sulle sfide che si pongono davanti a noi come comunità nazionale, sulla capacità di realizzare individualmente e collettivamente i valori, gli impegni e le promesse che il movimento della Resistenza ci ha lasciato. A tutti coloro che sono qui presenti voglio dire che la resistenza è molto più di un capitolo dei libri di storia, è vita vissuta sulla pelle di persone comuni ma estremamente coraggiose che decisero di stare dalla parte giusta a costo di pagare caro quella scelta.

Il sindaco poi ha letto alcuni estratti da epistole di partigiani condannati a morte e infine ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco ricordando in particolare il suo forte e incessante invito alla pace.

Una personalità determinata e decisa in quello che doveva fare, in maniera concreta e non soltanto con le parole. Una persona di alto valore morale con dei contenuti che lui ha sempre predicato, cercato di dare nei suoi messaggi alla sua gente; ogni domenica all’Angelus non si è mai dimenticato di dire "basta alla guerra vogliamo la pace". Smettiamola di fare la guerra perché la guerra è una sconfitta: tutti questi bambini morti ammazzati, queste situazioni non devono più esistere. Ecco perché c’è molta sintonia con questa giornata della Liberazione: 80 anni fa siamo stati liberati dal regime nazi-fascista e questo non deve più capitare, ed ecco perché oggi piangiamo per il nostro papa; abbiamo ricordato i nostri morti ma, mi viene da dire, facciamolo diventare un momento di gioia nel senso che ogni anno noi dobbiamo ricordare: il ricordo è fondamentale.

Dopo il sindaco è intervenuta la presidente della sezione Anpi di Melzo, Demetra Dossi:

Ricordare la Resistenza non significa soltanto partecipare ad una cerimonia, significa assumersi una responsabilità. I partigiani non hanno soltanto sconfitto un regime, hanno gettato le fondamenta della nostra Repubblica: una casa comune costruita su libertà, giustizia e uguaglianza. Oggi non vediamo carri armati in giro per le strade né ci sono leggi che ci dividono in razze ma sarebbe ingenuo pensare che il fascismo sia scomparso; ha cambiato forma, si insinua nei discorsi populisti, nella paura dell’altro nell’indifferenza verso chi resta indietro. Lo troviamo per esempio nei tentativi di cambiare la nostra costituzione, di sgretolare un pezzo alla volta diritti sacrosanti. Essere antifascisti oggi vuol dire fare delle scelte: combattere contro le disuguaglianze, non solo denunciarle sui social, significa non voltarsi dall’altra parte di fronte ad episodi di razzismo e violenza, difendere i valori della costituzione, dare voce a chi non ha voce. Antifascismo non è uno slogan, è un modo di vivere.

Anche lei ha ricordato le parole del Papa che in un recente messaggio aveva dichiarato: "Nessuna pace è possibile senza disarmo"; questo passaggio in particolare è stato accolto con un applauso dai presenti. Demetra Dossi ha poi così concluso, facendo riferimento alla situazione internazionale attuale:

È assurdo e illogico pensare che per mettere fine ai conflitti occorra munirsi di quante più armi possibili. In questi giorni tanti capi di stato lo stanno ricordando: sui social è una corsa a postare foto di lui e insieme a lui ma mi chiedo quanti lo hanno veramente ascoltato. Qualche giorno fa il ministro Musumeci riferendosi al 25 aprile ha detto: “tutte le cerimonie sono consentite ma con sobrietà” per via dei cinque giorni di lutto indetti come se questa festa fosse qualcosa da contenere, come se fosse uno spettacolo circense, come se ricordare fosse un eccesso. Ma la memoria non si contiene, la memoria si esercita, si rinnova, si trasmette. Allora torno alla domanda iniziale: antifascisti si nasce o si diventa? Ecco io credo che antifascisti si diventi tutte le volte che si sceglie la giustizia invece del rancore, la solidarietà invece della paura, la libertà invece del silenzio; ogni volta che facciamo queste scelte stiamo nuovamente liberando il nostro Paese. Viva la Repubblica italiana, viva l’Italia antifascista.

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