Il portale dello scandalo

Anche la senatrice Malpezzi su phica.eu: “Quel sito è una fogna”

La parlamentare pioltellese del Pd pronta a denunciare: "Servono norme per tutelare tutte le donne"

Anche la senatrice Malpezzi su phica.eu: “Quel sito è una fogna”

Col passare delle ore, il numero di donne che hanno preso coscienza di essere finite nel mirino è progressivamente aumentato. Fino a quanto gli amministratori, con un comunicato, hanno annunciato l’oscuramento del sito. Da giovedì 28 agosto 2025, infatti, chi visita il www.phica.eu trova soltanto un messaggio in cui si annuncia la chiusura.

Il caso phica.eu e l’ondata di indignazione

Fino a poco prima, allo stesso indirizzo si poteva trovare quello che da anni era diventato uno spazio in cui condividere foto di donne conosciute e sconosciute, in situazioni intime o meno, senza il loro consenso, al fine di commentarle insieme ad altri uomini in modo molto spesso degradante e violento, fino all’incitamento allo stupro. In molti casi le stesse immagini “rubate” venivano pubblicate con fotomontaggi a sfondo sessuale, rialimentando così beceri istinti e voglia di violenza.

La senatrice Malpezzi: “Ci sono anche io”

Tra le vittime c’è anche la senatrice del Pd di Pioltello Simona Malpezzi.

“Ci sono anche io in quella fogna, insieme a tante sorelle più conosciute o del tutto sconosciute – ha dichiarato senza giri di parole – Tutte trasformate in oggetti sessuali da uomini che hanno preso foto senza il consenso e le hanno corredate di commenti vergognosi, osceni, sessuali, in un sito pornografico. Una nuova frontiera della violenza maschile. Il sito è stato oscurato. Denuncerò, come tante altre sorelle per tutte le nostre sorelle. Perché non ci stiamo, perché ci ribelliamo, perché non possiamo accettare”.

Il portale al centro del dibattito

Phica era nato nel 2005 per essere un sito per adulti dedicato alla pornografia amatoriale. Poi, però, era diventato anche un’altra cosa: uno spazio in cui migliaia di uomini pubblicavano senza consenso le foto di mogli, fidanzate, partner, ex, sorelle, figlie e donne incrociate per caso in spiaggia o in palestra. Ma progressivamente si è creato uno spazio anche per screenshot di contenuti social. Anche per questo, su phica.eu si trovavano tantissime foto di celebrità, giornaliste, politiche e influencer, oltre che di donne del tutto comuni, divise in base all’età, alla provenienza geografica e al loro rapporto personale con gli utenti del sito. Talvolta, le foto venivano modificate con software basati sull’Intelligenza artificiale in modo che le donne apparissero «denudate». Insomma, utilizzando le parole della stessa Malpezzi, una fogna che, fino al momento della sua chiusura, contava 800mila iscritti.

La denuncia social di Alessandra Moretti

Dal 2023 sulla piattaforma di raccolta firme Change.org esisteva una petizione che ne chiedeva proprio la chiusura. E la questione è tornata prepotentemente d’attualità dopo la scoperta della pagina Facebook “Mia moglie” e la denuncia social dell’europarlamentare dem Alessandra Moretti.

Da qui lo scoppio del caso, con l’allungarsi dell’elenco di donne che non hanno potuto fare altro che dire “in quel sito ci sono anche io”: dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’influencer Chiara Ferragni, dalla figlia di Francesco Totti alle cantanti Paola e Chiara, passando per l’ex ministro Lucia Azzolina e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. Ma è, purtroppo, difficile tenere il conto.

La parlamentare dem pronta a denunciare

Malpezzi, in questi giorni all’estero, ha preso coscienza di essere finita in quel sito (dal 2014) grazie alla segnalazione di un’amica. E ha già informato il suo avvocato della volontà di agire legalmente anche nei confronti degli odiatori e non solo nei confronti dei promotori e gestori del portale.

“Che sia stato chiuso è una magra consolazione – ha aggiunto Malpezzi – Ma non ci si può fermare qui: bisogna andare avanti con le denunce, singole e collettive, anche per tutelare quelle donne che non hanno la nostra stessa voce. Sono rimasta allibita, poi, dal comunicato con cui gli amministratori di quel sito hanno annunciato l’oscuramento, che sotto un certo punto di vista è altrettanto vomitevole: hanno dato dimostrazione di non avere alcuna consapevolezza del concetto di consenso”.

L’auto-chiusura del sito Internet

Nel comunicato, gli amministratori hanno scritto che il sito era nato come “piattaforma di discussione e condivisione personale, con uno spazio dedicato a chi desiderava certificarsi e condividere i propri contenuti in un ambiente sicuro», ma hanno riconosciuto di non essere riusciti a “bloccare in tempo tutti quei comportamenti tossici che hanno spinto phica.eu a diventare, agli occhi di molti, un posto dal quale distanziarsi piuttosto che sentirsi orgogliosi di farne parte”.

Nel comunicato si legge anche che “violenza di qualsiasi tipo”, “minorenni o contenuti pedopornografici” e “offese verso donne, linguaggi da branco e atteggiamenti denigratori” sono sempre stati vietati, bloccati e denunciati. In un post di pochi giorni fa, uno degli amministratori diceva che il sito “collabora costantemente con la Postale” e che “chi commette un’illegalità su phica.eu viene perseguito”. In Italia la condivisione non consensuale di materiale intimo è un reato che può essere punito anche con 6 anni di carcere. Ma, visto come è andata a finire la vicenda, qualcosa non è certo andato per il verso giusto in merito ai controlli sulle offese alle donne.

Il ruolo dei legislatori per evitare altre “fogne”

Per la senatrice la vicenda di phica.eu rappresenta un campanello d’allarme che non può non essere ascoltato. In primis dai legislatori.

“Al Senato, in procinto di essere approvata, c’è una proposta di legge bipartisan Pd-FdI, per imporre un blocco all’utilizzo dei social agli utenti sotto i 15 anni d’età – ha sottolineato Malpezzi, prima firmataria per conto dei dem – Spero, anzi auspico, che questo percorso legislativo ora possa subire un’accelerazione”.

E che rappresenti un primo passo per una norma che impedisca il generarsi di altre “fogne”.

“Essendo coinvolte anche cariche istituzionali, si potrebbe palesare pure il reato di vilipendio – ha concluso – Servono strumenti preventivi, utili a tutelare tutte le donne”.