operazione dei carabinieri

Alta moda e sfruttamento: azienda finisce in amministrazione giudiziaria per caporalato

Le indagini erano state avviate a maggio a seguito di una denuncia presentata da un lavoratore cinese per sfruttamento e lesioni

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Un'azienda operante nel settore dell'alta moda è stata posta in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica. La decisione è scaturita da indagini dei Carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano che hanno evidenziato una presunta incapacità dell'azienda di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo all'interno del suo ciclo produttivo.

Manodopera irregolare e clandestina

Secondo gli inquirenti, l'azienda di alta moda affidava la realizzazione di capi di abbigliamento, tra cui giacche in cashmere, a una società priva di capacità produttiva, la quale a sua volta esternalizzava il lavoro ad opifici cinesi. Questi ultimi, per abbattere i costi, ricorrevano sistematicamente a manodopera irregolare e clandestina, sfruttandola in condizioni precarie.

L'azienda committente, secondo l'accusa, si limitava alla prototipazione dei manufatti, delegando la produzione su scala industriale a opifici cinesi che, mediante subappalti non autorizzati, riducevano i costi del lavoro attraverso l'impiego di manodopera "in nero", violando le norme sulla salute e sicurezza sul lavoro e i contratti collettivi nazionali in termini di retribuzioni, orari, pause e ferie.

La denuncia di un lavoratore sfruttato

Le indagini, avviate a maggio 2025 a seguito di una denuncia presentata da un lavoratore cinese per sfruttamento e lesioni (l'uomo era stato aggredito dal datore di lavoro connazionale per aver richiesto il pagamento degli stipendi arretrati), hanno portato al controllo dei soggetti affidatari delle forniture e dei subaffidatari non autorizzati, costituiti da opifici gestiti da cittadini cinesi nella provincia di Milano.

È stata inoltre individuata una società "cartiera", priva di lavoratori, creata ad hoc per emettere fatture a favore della committenza, schermando così la produzione in regime di sfruttamento.

Lavoratori sfruttati e tenuti in condizioni precarie

Durante le verifiche, i Carabinieri hanno identificato 21 lavoratori in diversi opifici, di cui 10 "in nero" e 7 anche clandestini, tutti di cittadinanza cinese. Le condizioni di lavoro riscontrate erano di sfruttamento: pagamento sotto soglia, orari di lavoro non conformi, ambienti insalubri, gravi violazioni in materia di sicurezza e alloggiamenti abusivi in condizioni igienico-sanitarie precarie.

Due persone denunciate per caporalato

A seguito delle indagini, due cittadini cinesi, titolari di diritto o di fatto di aziende coinvolte, sono stati denunciati a vario titolo per caporalato (uno di loro era stato arrestato in flagranza di reato), mentre sette lavoratori irregolari sono stati segnalati per violazione delle norme sull'immigrazione. Anche due titolari italiani dell'azienda subaffidataria sono stati denunciati per violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Sono state comminate ammende per un totale di 181.482,79 euro e sanzioni amministrative per 59.750,00 euro. Per i due opifici cinesi è stata disposta la sospensione dell'attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro "nero".

L'inchiesta si pone in continuità con analoghi provvedimenti notificati ad altre aziende del settore dell'alta moda nei mesi scorsi. Si precisa che il procedimento penale per caporalato è nella fase delle indagini preliminari.

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