“Doppia Curva”

Beretta condannato a risarcire 520mila euro alla famiglia Bellocco

La sentenza, infatti, riguarda anche l’omicidio del rampollo della ’ndrangheta, ucciso a Cernusco il 4 settembre 2024

Beretta condannato a risarcire 520mila euro alla famiglia Bellocco
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Più di un secolo di carcere. Con la sentenza per i tre imputati che hanno chiesto il rito ordinario, si è chiuso il primo grado del processo “Doppia Curva”. Francesco Lucci, fratello di Luca, è stato condannato a 5 anni e 6 mesi, Christian Rosiello a 4 anni e 20 giorni e Riccardo Bonissi a 3 anni e 8 mesi. Sono legati alla curva rossonera e dovevano rispondere di associazione a delinquere aggravata oltre che di numerosi episodi violenti.

Le altre condanne

Due giorni prima era arrivata la sentenza per tutti gli altri ultras, processati con rito abbreviato, con i principali imputati, il cernuschese Andrea Beretta e il colognese Luca Lucci, condannati a 10 anni. Pene severe anche per Daniele Cataldo 10 anni, Marco Ferdico 8 anni, Cristian Ferrario 6 anni, Francesco Intagliata 5 anni, Giuseppe Caminiti 5 anni, Alessandro Sticco 5 anni, Gianfranco Ferdico 4 anni e 8 mesi, Matteo Norrito 4 anni e 8 mesi, Fabiano Capuzzo 4 anni e 4 mesi, Mauro Antonio Nepi 4 anni, Renato Bosetti 4 anni, Luciano Romano 3 anni e 4 mesi, Islam Hagag 3 anni e 4 mesi, Debora Turiello 2 anni (con la sospensione condizionale). Tutti gli imputati, anche quelli minori, dovranno risarcire in solido Milan e Inter (50mila euro per club) e la Lega Serie A (20mila euro).

Risarcimento ai Bellocco

Il gup Rossana Mongiardo ha sostanzialmente accolto le richieste del pm della Dda di Milano Paolo Storari, compresa l’associazione a delinquere di stampo mafioso per la Curva Nord (“solo” associazione per la Sud). La sentenza del processo, che si è svolto con rito abbreviato e a porte chiuse nell’aula bunker del carcere di San Vittore a Milano, non ha riservato grosse sorprese. Andrea Beretta è l’unico che ha avuto un aumento di pena, 10 anni contro i 9 chiesti dal pm, ma solo perché, come ha fatto notare un legale all’esterno di San Vittore, la Procura aveva fatto male i conti nel chiedere la condanna. “Berro” dovrà anche risarcire i famigliari di Antonio Bellocco, che si sono costituiti parte civile, con 520mila euro. Perché la sentenza comprende anche l’omicidio del rampollo della ’ndrangheta, ucciso da Beretta il 4 settembre 2024 a Cernusco. Soldi che, probabilmente, andranno alla moglie e ai due figli della vittima, più difficilmente alla madre, visto che è detenuta al 41bis.

“Solo” 10 anni

Una condanna a 10 anni che "suona" mite per un omicidio, l’associazione mafiosa e diversi altri reati, ma che tiene conto del fatto che Beretta è un collaboratore di giustizia (pena dimezzata) e che il processo si è tenuto con rito abbreviato (sconto di un terzo della pena).

Alle viste un altro processo

Sono sette gli ordini di custodia cautelare notificati in carcere lo scorso 7 aprile per l’omicidio di Vittorio Boiocchi, 70 anni, l’ex capo della Nord che, mentre era detenuto, aveva ceduto il timone proprio al cernuschese Andrea Beretta e che era stato freddato da due killer in moto con cinque colpi di pistola Luger calibro 9 la sera del 29 ottobre 2022 sotto casa, in via Fratelli Zanzottera a Milano.

Mandanti, organizzatori ed esecutori

Sono stati notificati allo stesso «Berro», che si è autodenunciato del delitto come mandante, che ha chiamato in causa tre residenti a Carugate: Mauro Nepi (anche lui come mandante), Marco e Gianfranco Ferdico (come organizzatori). Ordine di custodia cautelare anche per Daniel D’Alessandro detto «Bellebuono», residente a Brugherio, e per Pietro Andrea Simoncini, ritenuto collegato alla ’ndrangheta di Soriano Calabro, che tra l’altro è suocero di Marco Ferdico, come autori materiali dell’omicidio (a sparare sarebbe stato D'Alessandro). Infine, Cristian Ferrario, di Cambiago, che si sarebbe occupato di questioni logistiche, come il recupero dei mezzi poi utilizzati per l’agguato mortale. Marco Ferdico e Simoncini hanno già ammesso le loro responsabilità, probabilmente nel tentativo di alleggerire la loro posizione. Perché per il concorso in un omicidio premeditato in Corte d’assise si rischia l’ergastolo.

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