Dura replica dell'Fc Cologno all'Anpi: "Boia chi molla? Nessuna accezione politica"
Secondo il presidente Giancarlo Patera l'associazione partigiani fa solo strumentalizzazione e la invita, se crede, a procedere legalmente

Non si è fatta attendere la replica dell'Fc Cologno alle accuse della sezione cittadina dell'Anpi in merito all'utilizzo della frase "Boia chi molla", motto dell'estrema destra, in un post della società a corollario della retrocessione.
La reprimenda dell'Anpi
L'associazione dei partigiani aveva attaccato la società sportiva:
Non è solo un gesto di cattivo gusto per una società sportiva che poteva concludere in altro modo il proprio comunicato.
Ma è anche un segnale pericoloso e diseducativo che si inserisce nel tentativo di rivalutare comportamenti e ideologie sconfitte dalla storia del nostro paese.
La replica del presidente Patera
Il presidente della società Giancarlo Patera ha risposto sostenendo che si trattava solo di un modo per incitare la squadra:
La frase in questione è stata usata esclusivamente in un contesto sportivo, con l’intento di incitare la nostra squadra dilettantistica a giocare con determinazione e impegno la prossima partita.
Qualunque altra interpretazione rappresenta una forzatura, che attribuisce significati e intenzioni del tutto estranei al nostro pensiero e al contesto stesso in cui la frase è stata utilizzata.
Si rileva, purtroppo non con sorpresa, come una certa parte "politica" sia sempre pronta a strumentalizzare ogni occasione per etichettare come “fascista” chiunque non rientri nei propri schemi ideologici.
Respingo con fermezza queste accuse e rivendico il diritto di esprimermi liberamente, nel rispetto delle leggi e della dignità altrui.
Qualora riteniate che vi siano gli estremi per procedere in sede legale, vi invito serenamente a farlo. Sarò lieto di difendere le mie ragioni nelle sedi opportune, dove finalmente verrà fatta chiarezza su quella che ritengo un'accusa infondata e pretestuosa.
Solo per vostra opportuna conoscenza il motto Boia Chi Molla è una espressione che ha origini Ottocentesche, e veniva utilizzata nel linguaggio militare e popolare dell’Italia risorgimentale, come grido di coraggio e incitamento.