Intrappolato nella bufera di neve a 2mila metri d'altezza: il racconto del melzese Marcello Denti
Il melzese lavora all'ostello Campo Imperatore, luogo tristemente noto per la tragedia che ha coinvolto due escursionisti sul Gran Sasso, Luca Perazzini e Cristian Gualdi
Per tre giorni è rimasto bloccato nell’ostello in cui lavora, a oltre 2.100 metri di altezza, mentre il vento spirava a oltre 160 chilometri orari e la neve si abbatteva sul Gran Sasso. Insieme a lui lo staff in servizio al rifugio e i soccorritori inviati a cercare gli escursionisti dispersi nella Valle dell’inferno. Tutti speravano in un miracolo che, purtroppo, non si è avverato visto che Luca Perazzini e Cristian Gualdi sono stati trovati senza vita. E' da brividi il racconto che Marcello Denti, 51enne di Melzo, ha fatto dei giorni alla Vigilia di Natale trascorsi a Campo Imperatore.
La testimonianza di un melzese
Marcello Denti è un grande appassionato di montagna che, dopo aver lavorato una vita come stagionale sui monti della Bergamasca e del circondario, la scorsa estate ha scelto l’Abruzzo e in particolare l’ostello Campo Imperatore a 2.115 metri d’altitudine sul Gran Sasso. Un luogo diventato tristemente famoso proprio nei giorni prima di Natale per la tragedia che ha coinvolto due escursionisti precipitati in un dirupo e travolti da una bufera che non ha risparmiato loro la vita. Quei giorni Denti è stato nel cuore dell’azione, intrappolato nel rifugio montano insieme ai soccorritori proprio per colpa del maltempo.
Quegli escursionisti al 100% sono passati da noi prima di partire per la traversata. Stavano rientrando da un bivacco quando sono stati sorpresi dal maltempo. Erano attrezzati e mi hanno raccontato che erano esperti, ma questa zona è pericolosa specialmente d’inverno. Con temperature che scendono a 20 gradi sotto zero è facile scivolare su lastroni di ghiaccio. Ed è quello che deve essere capitato loro
ha raccontato. Il ricordo di quei giorni è nitido nella sua mente.
Alle 13.45 del 22 dicembre è arrivata la comunicazione di evacuare il nostro ostello dal personale della funivia. Il meteo non prometteva bene e avevano deciso di sospendere il servizio. Questa stagione non abbiamo aperto le camere, quindi non potevamo ospitare clienti, perciò abbiamo fatto scendere tutti.
Intrappolati nella bufera a 2.100 metri d'altezza
Quindi è arrivato il segnale d’allarme lanciato da uno degli escursionisti e la macchina dei soccorsi si è attivata. Per salire a 2.100 metri è stato necessario "forzare" la funivia, ma un picco di tensione, probabilmente provocato da un fulmine, ha bruciato una scheda, un guasto non riparabile. Così all’ostello Campo Imperatore sono rimasti bloccati e impossibilitati a scendere.
Eravamo una ventina di persone: io, un collega di 30 anni, una di 19 e la donna che gestisce la struttura. Abbiamo dato riparo anche ai quattro addetti della funivia e agli 11 soccorritori inviati a cercare i dispersi. Nel nostro bar hanno allestito una sorta di campo base, sondando il meteo per cercare una finestra per poter uscire e intraprendere le ricerche dei feriti. Il vento soffiava a 160 chilometri orari e la neve non dava tregua. Siamo rimasti bloccati sino alla mattina del giorno di Natale, quando finalmente il maltempo ha concesso una tregua e i tecnici della funivia sono riusciti a riparare il guasto, così siamo scesi a valle
ha proseguito Denti. Fortunatamente il rifugio aveva viveri a sufficienza per 20 persone bloccate per tre giorni, la corrente non è saltata e la struttura ha tenuto, ma sono stati momenti difficili:
L’adrenalina ci faceva andare avanti, specialmente i più giovani, per non lasciarci prendere dal panico. Io, che sono più esperto, avevo già vissuto condizioni simili e quindi sapevo come comportarmi. I soccorritori hanno fatto davvero l’impossibile per prestare auto ai dispersi, ma la situazione era davvero pericolosa: neve, vento e nebbia mettevano a rischio la loro stessa sicurezza e uscire dal rifugio sarebbe stato un suicidio. Abbiamo sperato fino all’ultimo in un miracolo, ma le possibilità di trovare gli escursionisti vivi erano davvero al lumicino. Nella Valle dell’Inferno non ci sono ripari, le temperature di notte arrivano oltre ai 24 gradi sotto zero e i due, da quello che sappiamo, erano feriti e non riuscivano a muoversi.