Sorti in bilico

Famiglia sotto le bombe a Gaza: "Aiutatemi a portarla in Italia"

Il medico di Cologno Monzese Raed Selmi, di origini palestinesi, ha lanciato un appello rivolto all'ambasciatore italiano a Tel Aviv. Accanto a lui anche l'Amministrazione comunale

Famiglia sotto le bombe a Gaza: "Aiutatemi a portarla in Italia"
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Hanno perso la loro casa, completamente distrutta dai bombardamenti. Ora si trovano al centro della Striscia di Gaza, in un ricovero di fortuna, senza possibilità di muoversi verso Nord o verso Sud. Qui, infatti, l’esercito israeliano da settimane sta annunciando l’avvio di un’operazione militare di terra su Rafah.

L'appello di un medico colognese

I familiari di Raed Selmi, medico di Cologno Monzese 48enne di origini palestinesi, sono bloccati nello stretto lembo di terra che, dalla dura risposta di Gerusalemme ai fatti del 7 ottobre, è diventato lo scenario dell’ennesimo conflitto in Medio Oriente. Il pediatra, cittadino italiano e dirigente dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, da mesi (per l’esattezza da gennaio) sta cercando una soluzione per permettere ai parenti, in primis al padre 85enne e alla matrigna, di uscire dalla Striscia e poter arrivare in Italia, al sicuro.

Le lettere ai diplomatici

L’ultimo tentativo di Selmi (nel mezzo di una trattativa ancora in corso per un cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani dei miliziani di Hamas) è stato di scrivere all’ambasciata italiana a Tel Aviv, al consolato di Gerusalemme, a quello egiziano e al Quirinale. L’obiettivo è riuscire ad attivare un corridoio umanitario che permetta almeno all’anziano genitore e alla sua seconda moglie (la mamma di Selmi è deceduta 14 anni fa) di lasciarsi alle spalle il dramma della guerra. Questo tramite il rilascio di visti umanitari con validità territoriale limitata solo per l’Italia. Il medico è pronto a sostenere economicamente l’arrivo e tutte le spese per il soggiorno in Italia dei parenti.

"Più il tempo passa, più i miei genitori sono a rischio"

"In considerazione dell’elevatissimo numero di decessi di civili innocenti, soprattutto donne e bambini, è necessario un intervento urgente, poiché ogni momento che passa mette sempre più a rischio le loro vite", ha scritto ai diplomatici nel suo appello.

L’ultima volta che il medico colognese è riuscito ad abbracciare fisicamente il padre e gli altri parenti che vivono nella Striscia era il 2014. Allora, con le frequentissime e molto lunghe chiusure del valico di Rafah, Selmi aveva rischiato di rimanere anch’egli bloccato a Gaza, senza riuscire a fare rientro in Italia.

"Al momento sono bloccati in un appartamento, con tante altre persone, proprio al centro della Striscia - ha dichiarato - Sotto un certo punto di vista sono stati anche fortunati, perché in tantissimi sono costretti a vivere nelle tende. Riesco a sentirli telefonicamente, tramite WhatsApp e Telegram, solo quando la linea Internet è disponibile".

La speranza appesa a un filo

A oggi la sua richiesta di aiuto non ha portato a risultati.

"In ogni caso serve il nulla osta di Israele, che non lo ha rilasciato - ha detto con amarezza - Non capisco: quando sono stati aperti i corridoi umanitari in Ucraina, all’inizio della guerra, nessuno ha dovuto chiedere il permesso alla Russia. Ogni giorno piovono bombe e i miei parenti sembra che si siano ormai rassegnati: sentono la fine che avanza".

I tentativi di truffa di personaggi senza scrupoli

In queste situazioni drammatiche, il denaro diventa (purtroppo) uno strumento capace di oliare le ruote del sistema.

"Ci sono organizzazioni vicine ad Hamas e in Egitto che, dietro pagamento, promettono di facilitare l’uscita dalla Striscia: chiedono 5mila euro per ogni adulto e 2.500 per i bambini - ha ammesso - Avevo preso in considerazione questa ipotesi, predisponendo l’avvio dei pagamenti, quando ho scoperto che gli intermediari erano in realtà dei truffatori".

Quindi il rischio sarebbe stato di perdere il denaro e lasciare comunque i propri cari sotto le bombe. Ecco perché la diplomazia appare ora come l’unica speranza.

Anche l'Amministrazione comunale prova a farsi da intermediaria

Anche il Comune di Cologno sta cercando di farsi da intermediario nella vicenda di Raed Selmi, consapevole che in questo momento il primo risultato utile, finalizzato all’eventuale apertura di un corridoio umanitario, sia la firma di un cessate il fuoco duraturo.

Il sindaco Stefano Zanelli ha voluto scrivere all’ambasciatore italiano a Tel Aviv Sergio Barbanti e al console generale d’Italia a Gerusalemme Fabio Sokolowicz, per amplificare la portata dell’appello lanciato dal medico colognese, italiano di origini palestinesi.

La lettera del sindaco Stefano Zanelli

"Ho ascoltato la vicenda del signor Selmi, umanamente e umanitariamente comprensibile, in merito alla sfortunata sorte dei suoi familiari oggi obbligati nella Striscia di Gaza", si legge nella missiva, nella quale il primo cittadino auspica la possibilità di una felice conclusione della stessa.

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