Melzese condannato a 3 anni e 10 mesi per estorsione: si faceva pagare per far lavorare addetti alle pulizie
Nei guai il caporeparto di un'azienda bergamasca che chiedeva mazzetti in cambio del rinnovo dei contratti
Se volevano lavorare dovevano corrispondere una mazzetta al loro capo, altrimenti rischiavano di vedere stracciato il contratto sotto il loro stesso naso. E’ stato condannato dal Tribunale di Milano a tre anni e dieci mesi un 55enne melzese accusato di estorsione ai danni di tre lavoratori di un’azienda di pulizie bergamasca in cui lo stesso accusato prestava servizio con la mansione di caporeparto.
La denuncia dei lavoratori
A denunciarlo gli impiegati, tutti originari del Bangladesh, che hanno raccontato di avergli consegnato cifre ingenti (si parla di 2mila euro più altre somme minori da 50 a 200 euro) pur di ottenere un contratto. O meglio, il rinnovo di quello che già avevano in vigore, a volte settimanale, per cui venivano pagati tra i sei e i sette euro all’ora. Le contestazioni vanno dal 2016 sino al 2019 e, secondo l’accusa, il melzese avrebbe penalizzato coloro che non accettavano il suo sistema di reclutamento. Infatti coloro che si rifiutavano di pagare venivano "messi in panchina" sino a quando non saldavano quanto dovuto e potevano dunque riprendere le proprie mansioni.
L'accusato si professa innocente
Il legali del 55enne hanno chiesto l’assoluzione, in quanto l’imputato ha negato ogni addebito sostenendo che gli scambi di denaro documentati dalle intercettazioni della Guardia di Finanza altro non fossero che dei prestiti. Per quanto riguarda la società per cui lavorava, e da cui è stato licenziato per altre motivazioni, si è posizionata come parte lesa in quanto totalmente estranea ai comportamenti dell’ex dipendente.