Abusi sessuali su tre bambine, cinque arresti: perquisizioni anche in provincia di Milano e in Brianza
Gli agenti hanno eseguito in totale 21 perquisizioni che hanno coinvolto le province di Como, Lodi, Monza Brianza, Milano, Pavia e Varese
Cinque arresti e ventuno perquisizioni in diverse province lombarde, tra le quali anche quella brianzola, da parte degli agenti della Polizia di Stato di Milano. I cinque soggetti sono stati arrestati in flagranza di reato in una operazione finalizzata al contrasto della pedopornografia online e uno di loro è avrebbe anche commesso, per anni, abusi sessuali su due bambine a lui legate da vincolo di parentela e su una terza bambina, loro amica.
Abusi sessuali su tre bambine, cinque arresti: perquisizioni anche in provincia di Milano e in Brianza
L'indagine è nata su impulso del Centro Nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (CNCPO) del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni, dopo una segnalazione giunta in ambito di cooperazione internazionale di polizia su utenti italiani coinvolti nella detenzione e diffusione di materiale pedopornografico.
Come dicevamo nelle ultime ore gli agenti hanno eseguito anche 21 perquisizioni nelle province di Como, Lodi, Monza Brianza, Milano, Pavia e Varese e hanno scoperto che gli arrestati erano in possesso di un ingente quantitativo di materiale pedopornografico. E' stato inoltre documentato come i cinque soggetti abbiamo prodotto materiale pedopornografico inducendo i bambini, anche di setto o otto anni, a compiere atti sessuali in streaming.
Decisiva nell'indagine, svolta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Milano e diretta dalla Procura milanese, è stata l'analisi dei telefoni e delle chat sui dispositivi utilizzati dagli indagati, ora sequestrati. Inoltre, attraverso le perquisizioni informatiche gli agenti sono riusciti a scoprire la condivisione online di video con abusi sessuali ai danni anche di neonati.
Nel corso dell'indagine la Polizia Postale di Milano, ha analizzato circa 117mila connessioni arrivando a identificare anche 26 persone, di cui cinque già gravate da precedenti analoghi, che, per poter restare anonime nello scambio del materiale pedopornografico, avevano creato profili social attraverso l'utilizzo di caselle postali aperte con dati falsi.
Gli stessi accedevano alla rete attraverso wifi "aperti" o con connessioni intestate a terzi. Le indagini, condotte da personale specializzato con l'uso di moderne tecniche, ha portato a identificare diverse persone coinvolte e a sequestrare numerosi dispositivi informatici nei quali sono state trovate migliaia di file multimediali di natura pedopornografica.